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I vestiti (e la vita) del signor Nino: a Firenze una mostra dedicata alle declinazioni dello stile Cerruti

La mostra Il signor Nino che si inaugura oggi a Firenze negli spazi del Museo Marino Marini, parte dei progetti speciali di Pitti Uomo 88, ha avuto origine tre anni or sono, in un caldo pomeriggio di luglio. In missione a Biella per conto di Moda24 con lo scopo di ritrarre l’imprenditore tessile - ed elegantone di fama mondiale - Nino Cerruti, ho avuto il privilegio di visitare un piano poco frequentato dell’opificio di famiglia. Qui, in uno stanzone dal rigore spartano che un tempo ospitò industriose maestranze impegnate a trasformare lane pregiate in tessuti unici, Nino Cerruti ha raccolto gran parte dei propri abiti.

Un tesoro di capi sartoriali e industriali, di invenzioni e texture, reso ancor più prezioso dagli evidenti segni d’uso intenso e personale. I capi più vecchi, alcuni divorati dalle tarme, risalgono ai primi anni Cinquanta, i più recenti agli inizi degli anni Zero: una estensione che copre per intero il percorso professionale di Cerruti, partito dal tessuto, arrivato alla confezione e tornato in fine al tessuto. L’ultima collezione di moda da lui firmata prima di tornare a far solo stoffe, infatti, è del 2000, e così gli ultimi abiti inseriti in archivio. Da allora, mi confessò Cerruti nel corso dell’intervista, ha comprato poco - attribuiva la difficoltà di trovare indumenti adatti alle peculiarità del proprio fisico, longilineo e aspro come una scultura di Giacometti - preferendo piuttosto riutilizzare quanto già in suo possesso. «Indosso solo quel che mi piace e che mi fa star bene. Che sia di moda o meno non mi interessa affatto», dichiarò, con la soave fermezza che lo caratterizza. Fu lì che scattò la molla del mio interesse: l’archivio che avevo appena visto, infatti, lungi da essere l’accumulo in soffitta di pezzi meravigliosi ma oramai smessi, era infatti un guardaroba - un organismo vivo, cui attingere ad libitum, seguendo istinto e voglia. Non a caso, mi disse il signor Nino, anche il figlio Julian era ed è solito pescare a piacimento tra quegli stand. Registrai la notizia, archiviandola tra le note degne d’interesse.

A gennaio 2015, conversando informalmente con Lapo Cianchi, direttore comunicazione e progetti speciali di Pitti Immagine, il signor Nino mi è ritornato all’improvviso in mente mentre si commentava la piega eccessivamente lambiccata presa di recente dal discorso su stile ed eleganza tra i frequentatori di Pitti Uomo, affettuosamente definiti “Pitti peacocks”, ovvero i pavoni di Pitti. A confronto di cotanto compiacimento, la naturalezza di Cerruti, la sua eleganza nonchalant e quotidiana fatta di sottigliezze impalpabili, appariva di una contemporaneità cogente. Il fatto che gli strumenti di questo stile unico - gli abiti - fossero ancora disponibili, e ancor più che fossero in uso, avrebbe reso la mostra non tanto un documento storico, quanto una dichiarazione di attualità, estetica e, mi si consenta l’ardire, politica, visto che la moda ha sempre a che fare con la vita pubblica. Arrivato l’ok dalla Fondazione Pitti Discovery, Il signor Nino ha presto preso forma. Ho voluto accanto a me una squadra tutta italiana: le valenti Studiopepe - Arianna Lelli e Chiara Di Pinto - per il set design, Antonio Pippolini, disegnatore dal tratto felicemente icastico, per le illustrazioni, Angelo Teardo per la videografia e Diego Soprana per la grafica.

Poter lavorare al fianco di Nino Cerruti, che ha personalmente selezionato tutte le tenute in mostra, mescolando epoche e capi con grande libertà, è stato un privilegio, condito da scambi energici ma sempre arricchenti. La mostra ha un aspetto sospeso e intimo, perché lo spettatore si avventura dentro il privato di un grande uomo. L’excursus, essenziale e non antologico, disegna una idea di eleganza silenziosa attraverso il suggestivo dialogo tra gli abiti e il contesto singolare del Museo Marini, la cui struttura mossa e rigorosa fa da specchio a uno stile che unisce perfezionismo e gusto dell’imperfezione.

Così come l’opera di Marino Marini coniuga tradizione e innovazione, il guardaroba di Nino Cerruti si pone al crocevia tra rispetto della regola e rottura delle convenzioni. E poiché lo stile è impalpabile, il signor Nino lo ho voluto in forma quasi di fumetto, immortalato in un pamphlet d’artista che ne raccoglie le massime e, attraverso l’occhio di Pippolini, gli atteggiamenti, rendendo onore al merito a una icona che non si prende troppo sul serio, e che per questo ha molto ancora da insegnare a tutti.

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