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Bruno Barbieri (Masterchef): «Lascerei la cucina per la…

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Bruno Barbieri (Masterchef): «Lascerei la cucina per la moda»

«So attaccare i bottoni, fare l'orlo ai pantaloni. E poi so stirare benissimo. Faccio lo chef ma sono figlio di una sarta, per questo il mio legame con la moda è molto profondo: potrei perfino lasciare la cucina per la moda». Che Bruno Barbieri fosse un appassionato di moda era chiaro a tutti: considerato il più stylish dei tre giudici di Masterchef, popolare reality prodotto da Magnolia e in onda su Sky di cui si sta per girare proprio in questo periodo la nuova stagione, a Pitti ha enfatizzato la propria anima modaiola. Lo ha fatto presentando la capsule collection “Barbieri per Memory’s Ldt” che lo chef ha realizzato in collaborazione con Alessandro Marchesi, titolare della Compagnia del Denim. L'azienda, cui fa capo il marchio Memory’s Ltd, è stata fondata da Marchesi nei primi anni Novanta nell'anconetano e, in seguito, è stata acquisita dalla Cris Conf di Pietro Negra.

La capsule collection è stata creata per riflettere autenticità e genuinità – come dicono Barbieri e Marchesi nel presentarla – e conta dieci capi, cinque da uomo e cinque da donna, realizzati con tessuti 100% ecologici e colorazioni naturali, in un connubio tra moda e cucina in linea con il tema di Expo 2015: «L’idea è nata a tavola, davanti a una bottiglia di vino, – dice Barbieri - e nel realizzarla abbiamo voluto impiegare materiali come la canapa e la soia, tinti grazie alle spezie che utilizzo nelle mie ricette, tra cui peperoncino, pepe bianco, cardamomo». L’atmosfera è quella di un viaggio in Marocco – i colori sono caldi e avvolgenti – ma la fattura dei capi - curati nei minimi dettagli – richiama la sartorialità tipica del made in Italy.

Quella che è a conti fatti la prima incursione reale dello chef Barbieri nel mondo della moda potrebbe dunque non essere l'ultima: «Penso che a cinquant'anni una persona debba provare cose nuove, anche diverse da quelle fatte fino a quel momento. E nel mio caso la moda potrebbe essere un’alternativa alla cucina e alla telvisione», dice il giudice di Masterchef. E continua, ironico: «Stare trent'anni dentro una cucina, del resto, è come essere in carcere».

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