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L’export traina la moda bimbo made in Italy: +7,7% nel…

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L’export traina la moda bimbo made in Italy: +7,7% nel 2014

La crisi in Russia fa ancora paura, soprattutto a chi produce abbigliamento per neonati. Il mercato italiano (che per la moda junior vale il 64,2% delle vendite) dà pochi, e intermittenti, segnali di risveglio e, soprattutto, è minato dal mancato ricambio dei negozi multimarca: muoiono in tanti, nascono in pochi. Il rientro “a casa” delle produzioni fatte all’estero, complice il dollaro forte che disincentiva l’import, è frenato dalla scarsità di laboratori rimasti in attività dopo la grande crisi che ha decimato il sistema produttivo. Nonostante questo, l’industria tricolore dell’abbigliamento 0-14 anni fa un altro piccolo passo verso l’uscita dalla palude, prenotando un recupero del fatturato anche nel 2015, dopo che l’anno scorso si è chiuso con +2,4% (dati Smi) a 2,6 miliardi di euro, cioè sui livelli (correnti) del 2011. La locomotiva è stata l'export (+7,7%), mentre i consumi interni hanno continuato a scendere (-2,1%) anche se con minor intensità del passato (l’autunno-inverno 2014-15 ha frenato a -0,2%, secondo le stime Smi). Ma le vendite all’estero, che pure sono cresciute negli ultimi anni arrivando a pesare il 35,8% (8,4 punti in più rispetto al 2009), non bastano a “salvare” il saldo commerciale, che nel 2014 è peggiorato a -728 milioni. E non basteranno ad assicurare alla moda junior lo stesso andamento di quella per adulti: la previsione di crescita 2015, sottolinea Smi, resta più contenuta rispetto a quella attesa per l’intero tessile-abbigliamento (+3,8%), proprio per la minor incidenza dell'export.

È per questo che, ancora una volta, le sfide e l’impegno delle aziende italiane di moda junior, che fino a domani partecipano a Pitti Bimbo (446 marchi per il 47% provenienti dall’estero e quasi 6mila compratori attesi), sono dirette sui mercati internazionali. Con la Russia come “osservato speciale”, insieme con le città (anche italiane) dove i russi sono soliti fare acquisti. «Nell’area russa facciamo il 20% del fatturato, ma abbiamo deciso di non fare sconti ai nostri clienti, piuttosto ci siamo offerti di aiutarli con investimenti su quel mercato», spiega Christian Simoni, amministratore delegato della toscana Monnalisa, 39,5 milioni di fatturato 2014 per il 67% all’export e un ebitda balzato al 17%, con previsione di ulteriore crescita quest’anno a ricavi stabili. Simoni sta lavorando al piano industriale 2016-2018 che dovrà tener conto del mutato scenario valutario che si riflette sulle fonti di approvvigionamento. «Col dollaro a questi livelli il made in Italy torna competitivo, ma riportare le produzioni in Italia non è semplice – spiega - perché il tessuto produttivo non è più quello di sei-sette anni fa e molti laboratori sono spariti». E infatti la produzione bimbo fatta in Italia non mostra segnali di incremento, anzi: nel 2014 il valore stimato da Smi si è fermato a 1.029 milioni di euro, in calo del 7,6 percento. La moda junior importata dall'estero si avvicina invece a 1,7 miliardi (+10,2%).

Se la Russia resta in cima alle preoccupazioni delle aziende, le difficoltà su quel mercato sono anche lo stimolo a guardare altrove: «Stiamo spingendo la strategia di internazionalizzazione attraverso corner e negozi – spiega Alessandra Chiavelli, ad insieme col fratello Guido del marchio di famiglia Il Gufo, 26 milioni di fatturato 2014 di cui 5,5 milioni all’export, destinati a salire a 7 quest’anno – a fine luglio apriremo un negozio diretto a Parigi e entro l’anno avremo vetrine a Tianjin, Baku, Odessa, Doha e Beirut. Nel frattempo le boutique di Firenze, Milano e Roma segnano aumenti dal +10 al +30 percento. Siamo ancora in piena fase di investimento, che serve per preparare la crescita».

Una crescita a cui le aziende guardano anche attraverso licenze, tanto che si moltiplicano le collezioni frutto di nuove partnership: il gruppo Spazio Sei, dopo il divorzio da Blumarine, si “consola” con la licenza di Ermanno Scervino Junior e con quella di Quis Quis, il marchio creato da Stefano Cavalleri ex Pinco Pallino; Blumarine finisce nel portafoglio di Altana, l’azienda di Marina Salamon; il gruppo francese Cwf acquisisce la produzione della linea kidswear Karl Lagerfeld, al debutto a Pitti Bimbo; la A.Moda di Alessandro Bastagli presenta la prima collezione kids Virtus Palestre, frutto dell’accordo di licenza con Zeis Excelsa che abbraccia anche l’adulto; Preca Brummel avvia la licenza per bambine Santoròs Gorjuss. Alle licenze guarda anche la bolognese Grant, 19 milioni di fatturato 2014 per il 50% all’export, che al Pitti festeggia i 40 anni del marchio Miss Grant riproponendo i 40 abiti cult della sua storia: «Vogliamo spingere sull’estero con retail e shop-in-shop – dice l’ad Mauro Serafini – facendo risalire le vendite in Russia e aumentando la penetrazione nell’area asiatica dove il mondo del bambino fa ancora grande fatica: ma la scommessa per fare grosse crescite è lì». Spinge sull’export Silvian Heach, 26 milioni di fatturato bimbo previsti quest’anno in linea col 2014, per il 25% all’export, mentre il gruppo Original Marines (221,5 milioni di ricavi consolidati 2014, in calo del 2,5% per la politica di diminuzione dei prezzi), punta sul Medio Oriente e prevede di aprire altri 10 negozi all'estero e 5 in Italia entro l’anno.

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