La crisi non spaventa la bellezza: l'industria italiana del beauty continua a crescere, complici le esportazioni. E il Belpaese si conferma un contesto chiave per le grandi imprese straniere, che qui hanno scelto di aprire le loro filiali fin dagli anni Sessanta.
A tracciare un quadro aggiornato dell'andamento del settore è lo studio di Pambianco Strategie di impresa che evidenzia come le 23 aziende campione abbiano chiuso il 2014 registrando ricavi aggregati per 2,52 miliardi di euro, in crescita del 2,5% sul 2013. Un dato positivo, maggiore sia rispetto al lieve aumento di fatturato registrato dalle imprese del settore nel 2014 – +0,8%, con ricavi a 9,4 miliardi di euro, secondo Cosmetica Italia – sia rispetto al +3% previsto a fine 2015, quando il giro d'affari del settore dovrebbe superare i 9,6 miliardi. A trainare i conti sono le esportazioni: in chiusura d'anno dovrebbero attestarsi su 3,6 miliardi di euro, in aumento dell'8% rispetto all'anno precedente. «Il panorama delle aziende di settore è variegato, ma il quadro nel complesso è positivo – spiega David Pambianco. – Le vie più battute dalle aziende di settore sono due: l'internazionalizzazione e un riassetto della distribuzione, facendo leva anche sul retail».
Le aziende italiane assorbono il 70% circa del fatturato di settore: Kiko, che fa capo al Gruppo Percassi, è in cima alla top five delle imprese per fatturato, con ricavi 2014 di 432 milioni, in crescita del 3,4% rispetto ai 418 milioni del 2013. «Puntiamo a chiudere il 2015 con un fatturato in crescita del 10% – spiega Stefano Percassi, fondatore e amministratore delegato di Kiko Milano – e stiamo lavorando all'internazionalizzazione del brand con un programma di espansione verso i mercati emergenti, in particolare Asia, Americhe e Medio Oriente».
Dietro l'azienda bergamasca ci sono Manetti &Roberts, 284 milioni di giro d'affari; Euroitalia, 247 milioni di fatturato (+8,3%); Alfaparf, 207 milioni, e Conter, cui fa capo Tesori d'Oriente. L'azienda lodigiana, 154 milioni di euro di fatturato, è però al primo posto nella classifica delle imprese più redditizie davanti ad Aboca e Collistar.
Nel dettaglio, ben 17 delle imprese nostrane prese in esame dallo studio Pambianco hanno chiuso il 2014 con un aumento di fatturato. Per cinque di queste si è trattato di un incremento a due cifre: Mavive, azienda della famiglia Vidal che ha chiuso l'anno con ricavi in aumento del 17,3% salendo a 21,7 milioni di euro; Aboca, marchio di cosmesi e prodotti erboristici che genera ricavi annui per 107 milioni, +14,4% sull'anno precedente; Davines, azienda parmense di prodotti per capelli che ha visto i propri ricavi in aumento del 13,5% a 80 milioni. Al quarto e quinto posto ci sono Itf, licenziataria dei profumi Trussardi e Blumarine, che ha chiuso l'anno con un fatturato pari a 53,3 milioni (+11,3%), e Ludovico Martelli, cui fa capo Proraso, con un giro d'affari di quasi 40 milioni di euro, con un aumento anno su anno che sfiora il 10%.
Le aziende italiane del beauty, dunque, sembrano rispondere bene al mercato. La conferma del fatto che il Belpaese è una piazza chiave nel settore arriva dall'andamento delle realtà straniere che hanno scelto di aprire una filiale in Italia e per le quali l 2014 è stato un anno di sostanziale stabilità.
A guidare la classifica dei big della bellezza è il Gruppo L'Oréal, che comprende L'Oréal Italia, L'Oréal Saipo e Helena Rubinstein: 1,1 miliardi di euro di fatturato nel 2014, un portafoglio di 30 brand internazionali tra cui Giorgio Armani e Diesel. Johnson&Johnson è la numero due: in Italia dal 1961, ha chiuso lo scorso anno con ricavi per 169,3 milioni, in aumento del 2,3%. E, ancora: Avon, colosso Usa del beauty porta a porta che in Italia ha sede nel comasco e fattura 156,2 milioni di euro, e la filiale italiana del marchio svizzero Just, 135 milioni di euro di ricavi, in aumento del 4,7 per cento.
Per queste realtà l'Italia rimane un contesto imprescindibile sia da un punto di vista produttivo – secondo Cosmetica Italia il 60% dei prodotti make up al mondo è made in Italy – sia in termini di consumi. È infatti il quarto mercato europeo per il beauty dopo Germania, Francia e Regno Unito.
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