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Il rilancio di La Perla porta i ricavi 2015 verso 150 milioni. A Hong Kong…

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Il rilancio di La Perla porta i ricavi 2015 verso 150 milioni. A Hong Kong nuova boutique con lingerie esclusiva

La vetrina della boutique La Perla su quattro piani inaugurata a Hong Kong
La vetrina della boutique La Perla su quattro piani inaugurata a Hong Kong

«I ricavi di La Perla cresceranno quest’anno del 30% a circa 150 milioni e nelle oltre 170 boutique di proprietà addirittura del 50%. E la redditività migliora, tanto che stimiamo di arrivare al breakeven nel 2017».
John Hooks è da luglio il ceo di Pacific Global Management (Pgm), la holding fondata dal finanziere-imprenditore Silvio Scaglia che controlla, appunto, il prestigioso brand bolognese di lingerie e la Elite World, leader mondiale nel settore del model management. La Pgm stima di chiudere il 2015 con un fatturato di oltre 300 milioni.
Hooks, in precedenza in ruoli apicali in Giorgio Armani e in Ralph Lauren, parla da Hong Kong dove ieri sera è stato inaugurato un flagship store di 600 metri quadrati in Russell Street che si aggiunge alle tre boutique presenti negli shopping mall dell’ex colonia britannica. Presente all’evento, tra gli altri, la top model Liu Wen, testimonial del brand e ambasciatrice in Asia, una dei “gioielli” della Elite World insieme a Cara Delevingne, Kendall Jenner e Natasha Poly.

«Elite World - spiega Hooks, che ne è stato designato executive chairman, con Stefania Valenti ceo - è un enorme fornitore di contenuti per il digital e i social media e le nostre modelle sono il giusto trait d’union con il mondo dell’entertainment e della moda: Scaglia ha avuto un colpo di genio ad acquisire questa attività».
Tornando a La Perla, fondata nel 1954 dalla bustaia bolognese Ada Masotti, le strategie di riposizionamento messe in atto dal nuovo azionista sembrano dunque già dare i frutti attesi. Scaglia, executive chairman di La Perla, ha rilevato l’azienda nel giugno 2013, staccando davanti al giudice del Tribunale di Bologna un assegno da 69 milioni per conquistare il brand, finito nelle secche di una gestione a dir poco fallimentare da parte del fondo di San Francisco Jh Partners. Nell’occasione, Scaglia aveva annunciato investimenti di 110 milioni per trasformare La Perla «in un marchio mondiale del lusso e della bellezza femminile».

«La Perla - aggiunge Hooks - è un marchio prevalentemente femminile, rivolto a un target di donne consapevoli e in un certo senso aggressive che acquista per sé. Ma anche l’uomo fa parte delle strategie di offerta, soprattutto nell’ottica di ampliamento al leisurewear, quell’abbigliamento per il tempo libero di chi non vuole semplicemente indossare una tuta sportiva o jeans e polo mentre è in casa a leggere, passeggia con il cane in un parco o si gode il relax in un resort di lusso dal quale magari non esce per due o tre giorni consecutivi».
Gli analisti lo chiamano lusso esperienziale, e di sicuro spazi per simili collezioni nel segmento dell’alto di gamma ci sono. «È un nuovo stile di vita - dice ancora il ceo di Pgm - che La Perla, che ha attualmente 1.589 addetti nel mondo, intende cavalcare a 360 gradi: di fatto, il marchio non ha concorrenti nel segmento più alto. Ora siamo una nicchia, ma puntiamo a diventare una grande nicchia, soprattutto in Asia, dove siamo storicamente forti e dove al momento non abbiamo risentito di alcun calo: i nostri prodotti non sono uno status symbol da ostentare come ad esempio un orologio, e non rientrano nelle categorie combattute dalle norme anticorruzione».

Per rafforzare la produzione, Pgm ha rivitalizzato la storica fabbrica di Bologna, marginalizzata dagli azionisti precedenti, e ha aggiunto uno stabilimento produttivo in Portogallo, un Paese che ha un’importante tradizione nella moda. «Scaglia - puntualizza Hooks - ha riportato in auge la manifattura made in Italy dove si può realizzare il lusso senza compromessi: per fortuna, non è arrivato troppo tardi per recuperare le competenze di maestranze uniche che, nei decenni passati, hanno innovato i processi produttivi». È proprio in Emilia, infatti, che sono state sviluppate per la biancheria intima lavorazioni come il pizzo Leawers, il ricamo Cornelly, il macramé, il soutache e il frastaglio, un’antica lavorazione fiorentina a punto piatto, amate dalle consumatrici che cercano esclusività e addirittura pezzi unici, come quelli delle collezioni Atelier e Made to measure, presenti al quarto piano del negozio di Hong Kong.
Con l’apertura di ieri, il conto delle boutique sale a 215. «Altre 15 - conclude Hooks - saranno inaugurate entro la fine del 2016, tutte in prime location, mentre anche l’e-commerce, indispensabile soprattutto in Asia, viaggia con un raddoppio secco sul 2014».

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