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Albini consolida il primato europeo: «Rilanciamo nelle scuole il fascino del tessile»

Albino (Bergamo)
Stare in fabbrica oppure incontrare i clienti che dall'Italia e dal mondo arrivano nella sede principale di Albino, a pochi chilometri da Bergamo, per vedere le collezioni o lavorare a progetti speciali in esclusiva. Sono queste le due attività preferite di Silvio Albini, presidente dell'omonimo cotonificio, che nel 2016 compirà 140 anni ed è leader europeo nei tessuti in cotone per camicie.

«A guidare l'azienda siamo io e i miei due fratelli Andrea e Stefano, mentre nostro cugino Fabio è direttore creativo. Rappresentiamo, con orgoglio famigliare e territoriale, la quinta generazione e teniamo molto alla nostra indipendenza – racconta Silvio Albini –. Ma uscire indenni dalla crisi economico-finanziare iniziata nel 2008 non è stato facile».

Il gruppo Albini è l'esempio migliore per capire perché si dice che l'Italia è l'unico Paese al mondo ad avere una filiera del tessile-abbigliamento intatta e di alta qualità. L'azienda è a sua volta verticalizzata: nel 2010 è partito il progetto per la coltivazione diretta in Egitto dei cotoni Giza 87 e Giza 45, fra i più pregiati in assoluto,e ci sono rapporti di semi-esclusiva con fornitori delle Barbados per il Sea Island, il cotone con la fibra più lunga al mondo.
«I nostri clienti sono di tre tipi. Ci sono i marchi della moda e del lusso: lavoriamo con Armani, Etro, Kiton, Prada, Zegna e poi Burberry, Paul Smith, Ralph Lauren, solo per fare alcun nomi. Poi ci sono i camiciai specializzati, ancora molto diffusi in Paesi come Italia, Francia, Regno Unito e in Scandinavia. Il terzo tipo di clienti sono retailer qualificati, da Boggi a Brooks Brothers – spiega il presidente del cotonificio –.I nostri tessuti, grazie a qualità e varietà, sono parte integrante del successo delle collezioni di camicie dei grandi brand, anche per quanto riguarda la creatività, perché in molti casi i tessuti sono realizzati ad hoc e in esclusiva».

A differenza dei produttori di tessuti del Biellese, i cotonifici, ammette Albini, hanno sottovalutato l'importanza di promuoversi, di far capire che la materia prima e il tessuto sono una garanzia tanto quanto il marchio o il logo. «Su questo fronte possiamo fare di più, però serve una presa di coscienza delle aziende a valle della filiera dell'importanza, per il loro stesso successo di medio e lungo termine, della parte a monte – sottolinea Silvio Albini –. Su questo stiamo discutendo in modo costruttivo all'interno di Sistema moda Italia e con il presidente Claudio Marenzi, che ha spesso parlato dell'opportunità di una più equa distribuzione dei margini». Molto soddisfatto del nuovo clima di collaborazione con le istituzioni, dal Comune di Milano al ministero dello Sviluppo economico, Albini spera che il 2016 confermi i segnali di rinnovato interesse per la manifattura da parte dei giovani.

«Dobbiamo, anche a livello associativo, trovare il modo di promuovere nelle scuole il fascino del tessile, che è sicuramente un settore maturo, ma non sorpassato. Anzi, come dicevo all'inizio, chi è sopravvissuto alla lunga crisi iniziata nel 2008 ora può iniziare davvero a cogliere i vantaggi della globalizzazione, cioè di un mercato immenso, con clienti e consumatori finali sempre più informati, che capiscono fino in fondo il valore della qualità e della creatività made in Italy».

Il fatturato 2015 del gruppo Albini sarà in linea con quello del 2014 (143,5 milioni) e il presidente è soddisfatto: «Questo che sta per finire è stato un anno molto difficile, con scossoni economici, geopolitici, valutari che hanno colpito, in varia misura, tutti i nostri clienti. Per il 2016 sono cautamente ottimista, ma non facciamoci illusioni: non credo torneranno mai tempi “tranquilli”. Tutti noi, qualunque mestiere si sia scelto, dobbiamo navigare a vista. Le nostre armi possono essere solo la passione per quello che facciamo e una grande flessibilità. Mentale come persone e produttiva come aziende».

L'export di Albini è al 70% e il gruppo è presente in 80 Paesi. «Sono tantissimi per un'azienda delle nostre dimensioni. Ma non c'è altro modo per diversificare i rischi: occorre avere un portafoglio mercati il più ampio possibile e non dipendere da pochi grossi clienti. Senza mai dimenticare il prodotto e i servizi: le nostre collezioni sono fatte di 10mila tessuti a stagione, ai quali si aggiunge un “magazzino” di altri 4mila, che possiamo spedire in qualsiasi metratura. Cento metri per un marchio che vuole riassortire, 30 metri o persino 1,5 metri per un camiciaio che vuole soddisfare il desiderio di una singola persona».

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