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Doratex punta sugli Usa con la maglieria di lusso

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MADE IN ITALY

Doratex punta sugli Usa con la maglieria di lusso

I fondatori del gruppo Ester e Mario Ferrari con il figlio Cesare. A fianco alcuni capi del marchio McLauren, destinato a un target più giovane.
I fondatori del gruppo Ester e Mario Ferrari con il figlio Cesare. A fianco alcuni capi del marchio McLauren, destinato a un target più giovane.

La storia della Doratex spiega del sistema delle piccole e medie imprese italiane e delle sue difficoltà nel competere a livello globale, specie dopo l’introduzione dell’euro, molto più di tante dotte analisi.

Ma racconta anche, cosa forse ancora più importante, della resilienza di tante di queste aziende e della loro forza, basata su know how accumulato in decenni, passione per la qualità e desiderio di difendere il made in Italy a ogni costo. «A fondare l’azienda sono stati i miei genitori Mario ed Ester, nel 1961 e ancora oggi la sede è in provincia di Brescia, a Visano. Tutto ruota intorno alla maglieria e alla capacità di scegliere i filati più pregiati lavorandoli poi con macchine che spesso abbiamo modificato insieme ai produttori e che funzionano solo grazie all’interazione con le persone che le usano. Poi c’è la componente stile, che ci ha sempre aiutati nell’export». Oggi il gruppo Doratex controlla quattro marchi: Andrea Fenzi, Cristiano Fissore, Gio Ferrari e McLauren, ciascuno con un suo posizionamento.

Nel 2015 il fatturato è cresciuto del 10% a 10 milioni, trainato dall’export (+25%). I dipendenti diretti sono 40, ai quali si aggiungono 300 persone nell’indotto. «Prima dell’entrata in vigore dell’euro davamo lavoro a circa 600 persone e l’export era altissimo, grazie al cambio favorevole della lira. Poi, per un’azienda delle nostre dimensioni, è diventato molto più difficile, complice anche l’onda lunga della globalizzazione, competere su mercati lontani ma anche in Europa». La famiglia Ferrari comunque ha tenuto duro, anche grazie ad accordi con marchi del lusso per la produzione di collezioni di private label, attività ancora in essere, almeno in parte. Oggi però grazie alla diversificazione del prodotto, è pronta a fare un nuovo balzo negli Stati Uniti e in Asia con i marchi propri. «Cristiano Fissore e Andrea Fenzi sono famosi soprattutto per il cashmere e sono posizionati nella fascia medio-alta. Gio Ferrari è maglieria più accessibile e McLauren si rivolge a un pubblico più giovane. Siamo ancora sbilanciati sull’uomo – precisa Cesare Ferrari – che assorbe l’80% delle vendite, ma nelle prossime stagioni cercheremo di potenziare la donna».

Molti i contatti per stringere partnership all’estero, a cominciare dalla Cina: il colosso dell’e-commerce Alibaba vorrebbe vendere il marchio Fissore mentre a Shanghai è attivo uno showroom per tutti i brand Doratex.

«Per il prossimo anno però contiamo soprattutto sugli Stati Uniti, anche sulla scia del riconoscimento che abbiamo appena ricevuto, il “Premio eccellenza italiana”. Ideato da Massimo Lucidi, che vive tra Europa e America, ha una giuria presieduta da Santo Versace e ci è stato consegnato a Washington il 16 ottobre, poche ore prima di uno degli appuntamenti clou dell’autunno della capitale, il gala della dalla Fondazione Niaf (National Italian American Foundation) nel quale quest’anno è stato premiato anche Franco Nuschese, proprietario del Cafè Milano, uno dei ristoranti più famosi della capitale americana, frequentato negli anni da tutti i presidenti. Credo che in America ci sia una grande desiderio di made in Italy e che questo sia un momento da cogliere al volo: la svalutazione dell’euro e la ripresa interna ridà una possibilità anche a Pmi come la nostra».

Resta un problema invece la Russia, che fino al 2014 era un mercato molto importante per Doratex: «Credo che le sanzioni imposte dall’Unione europea abbiano danneggiato le imprese italiane più di quelle di altri Paesi – conclude Ferrari -. Ma contiamo di compensare il calo su quel mercato con la crescita in altri. Il problema, come dice sempre anche mio padre, è che la filiera del tessile-abbigliamento italiana, l’unica ancora intatta al mondo, da troppi anni sta perdendo pezzi. Noi resistiamo, ma tante aziende hanno chiuso, anche nella nostra zona. Cerchiamo di assorbire le persone che restano senza lavoro o magari acquistiamo preziosi macchinari irripetibili, ma a volte ci sentiamo un po’ soli nelle nostre battaglie».

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