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Armani al top delle «quotabili» italiane: per Pambianco le prime 50 aziende hanno un valore di 40 miliardi

«Se tutte le aziende identificate dallo studio Pambianco decidessero di quotarsi potrebbero raccogliere quasi 11 miliardi e genererebbero una capitalizzazione di 40 miliardi, che porterebbero quasi a raddoppiare l'attuale valore per il settore».

È questa l'ipotesi di “fantafinanza” (ma non poi tanto fantasiosa) fatta ieri da Barbara Lunghi, responsabile per le Pmi di Borsa Italiana. Lo spunto è la decima edizione dello studio Pambianco presentato ieri a Milano sulle “Top aziende quotabili della moda e del design”, una ricerca condotta in partnership con EY «con l'obiettivo di individuare le società italiane che hanno i requisiti tecnici e oggettivi per essere quotate in Borsa in un orizzonte temporale di 3-5 anni », ha spiegato Carlo Pambianco, fondatore e presidente dell'omonima società di analisi e consulenza.

Lo studio ha selezionato 50 aziende della moda e 15 del comparto arredo-design, due dei pilastri del made in Italy. Sul podio ci sono Giorgio Armani, Ermenegildo Zegna e Stefano Ricci per la moda e Flos, Kartell e B&B Italia per il design. «In Italia sono ancora poche le aziende di questi comparti quotate, rispetto ad altri Paesi, nonostante i casi più recenti di Ipo dimostrino quanti vantaggi possa portare una scelta simile – ha sottolineato Roberto Bonacina, lead advisor per il settore M&A di EY –. Si pensi poi che tra il 2011 e il 2014, cioè nel pieno della crisi economico-finanziaria globale, ci sono state Ipo di grande successo: Ferragamo, Cucinelli e Moncler».

Sui vantaggi della quotazione si è concentrato anche Raffaele Jerusalmi, ad di Borsa Italiana: «È la strada più sicura e veloce per l'internazionalizzazione delle aziende ed è per questo che abbiamo creato Elite, una piattaforma pensata per consigliare le non quotate e accompagnarle verso l'Ipo. Ci sono inoltre benefici intangibili nella quotazione, tra i quali, importantissima, la capacità di attrarre talenti». Innegabili però i benefici tangibili: «La differenza di Cagr di ricavi e redditività nel triennio prima e dopo la quotazione delle società fashion&luxury italiane è evidente – ha sottolineato Bonacina –. Si passa dal 12,9% al 16,3% per il fatturato e dal 18% al 22,3% per l'ebitda».

Tornando allo studio Pambianco, i criteri usati per dare a ciascuna azienda quotabile un punteggio sono: crescita del triennio 2011-2014 di ricavi ed Ebitda, notorietà del marchio, dimensione (comunque non inferiore ai 50 milioni di fatturato), percentuale di export, investimenti nel retail (negozi diretti), indebitamento e fascia di mercato presidiata.

«A ogni criterio abbiamo dato un peso diverso, ma il mix è importante, anche perché alcune new entry della classifica di quest'anno sorprendono proprio in campi come l'export e la segmentazione dei prodotti», ha precisato Pambianco. I nomi nuovi del 2015 sono Alfa Parf (cosmetica), Brandy Melville (casualwear con un target molto giovane), Colmar, Diamant (scarpe per ciclisti), Herno, La Sportiva, Marcolin (occhiali) e Stroili Oro.
Un altro vantaggio dell'Ipo è quello di facilitare il ricambio generazionale, grazie alla possibilità, ad esempio, di “liquidare” alcuni membri della famiglia fondatrice. Bonacina ha poi sottolineato un ulteriore aspetto del percorso verso la Borsa: «Un passaggio intermedio, come insegna anche Elite, è l'entrata nel capitale di soci finanziari , fondi di private equity in primis, che, proprio come la quotazione, implicano una maggiore managerializzazione e trasparenza».

Esemplare il caso Harmont&Blaine, presente sia nello studio Pambianco sia in Elite: partecipata al 35% dall'ottobre 2014 dal fondo Clessidra, continua a crescere. «Pensiamo di chiudere il 2015 a circa 79 milioni di fatturato e il 2016 sfiorando i 90 milioni. Nel 2016 potremmo essere pronti per l'Ipo», ha detto il presidente Domenico Menniti.

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