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Perché il fast fashion e i falsi stanno insidiando la filiera della moda…

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Perché il fast fashion e i falsi stanno insidiando la filiera della moda made in Italy

LaPresse
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«Le complessità vissute da tutto il mondo nel 2015 impongono alle aziende di reagire in modo composto ma rapido: si vive alla giornata. Noi abbiamo archiviato l’esercizio con una crescita del fatturato mid-single digit rispetto agli 1,2 miliardi precedenti, direi decorosa nel contesto internazionale. Mi sento sereno e positivo». Gildo Zegna, amministratore delegato della Ermenegildo Zegna, parla a margine della sfilata del direttore creativo Stefano Pilati, accolta come sempre con calore dagli addetti ai lavori. Colpiti, questa volta, dalla raffinatezza delle lavorazioni couture. «Questo segmento di mercato - aggiunge il ceo - è una nicchia, ma traina il resto della collezione. Per noi è una scelta strategica che consente di utilizzare al meglio la filiera interna: dalle pecore dei nostri allevamenti australiani ai filati e ai tessuti esclusivi, che in questa collezione sono incredibili, fino ai servizi su misura per i clienti cinesi o americani. Un unicum di qualità che ci consente di differenziarci con il vero made in Italy».

Un tema, quello del made in Italy, caro a molti marchi che da venerdì sera sfilano o presentano le collezioni autunno-inverno 2016-17 a Milano moda uomo. A partire da Peter Dundas che, all’esordio con Roberto Cavalli Uomo, ha ripescato materiali e lavorazioni preziosi dell’alto artigianato toscano nello scrigno di Palazzo Crespi, punteggiato dai dipinti di Canaletto che hanno sbalordito gli ospiti stranieri.

«Visto? Abbiamo “fatto” l’Italia un’altra volta», dicono sorridendo Domenico Dolce e Stefano Gabbana, che con il loro Sicilian Western - con soundtrack di celebri colonne sonore del maestro Ennio Morricone delle pellicole italiane che hanno scritto la storia del cinema - hanno rilanciato ricami di revolver e fiori, confermando la scelta di posizionamento nell’alto di gamma.

E non si fermano gli investimenti di un altro brand storico della moda uomo, Corneliani, come conferma Maurizio Corneliani, direttore marketing e finanza: «Il 22 dicembre, una manciata di giorni dopo gli attentati terroristici che hanno di nuovo sconvolto il mondo, abbiamo inaugurato un monomarca di proprietà a Parigi, in avenue George V, che nelle prime settimane ha dato segnali positivi». L’azienda di Mantova, controllata dall’omonima famiglia, ha chiuso il 2015 con un fatturato consolidato di 120 milioni, in linea con il 2014. «Le strategie di fondo devono avere una direttrice ben definita in base alle esigenze dell’azienda, ma la nostra famiglia è sempre pronta a modificare i piani senza rigidità».

Infine, altro tema scottante per l’industria della moda: i “falsi”. «Parliamoci chiaro - rivendicano in coro Ennio e Carlo Capasa, proprietari di Costume National, nel backstage della sfilata nella spettacolare Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale -: il fast fashion ci sta vampirizzando. Copiano tutto ma è impossibile fargli causa con successo. Hanno replicato un nostro abito dalla A alla Z, ma queste scorrettezze non sembrano interessare a nessuno».

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