
Il tracollo della Russia, uno dei mercati più importanti per la moda junior tricolore, ha lasciato il segno sui conti del settore. Così come la (prolungata) discesa del mercato interno (-0,8% i consumi finali dell'anno scorso). Alla fine, l'industria italiana della moda junior (0-14 anni) archivia il 2015 con una tenuta che non fa esultare, ma almeno fa sperare: +1,1% il fatturato a 2,67 miliardi di euro; +3,9% l'export, che è arrivato a pesare (e questa è una buona notizia) il 36,8% dei ricavi, cioè un punto in più dell'anno precedente, a conferma dell'impegno e degli investimenti delle aziende oltreconfine.
Gli elementi negativi sono il peggioramento del saldo commerciale del settore (-737 milioni), e l'ulteriore dimagrimento del valore della produzione realizzata in Italia che Smi, nella consueta analisi fatta per la fiera Pitti Bimbo in corso a Firenze fino a domani, stima ora in poco più di 1 miliardo (-1,2%).
Per il 2016 le previsioni sono ancora di debole crescita. «Nonostante il contesto resti fortemente incerto - prevede Sistema moda Italia - per il segmento junior si confida in un mantenimento dell'evoluzione positiva, pur su ritmi sempre moderati». La stima riguarda la prima parte dell'anno, sia all'estero che in Italia «dove si sono manifestati finalmente segnali incoraggianti».
Sono i segnali che cercano conferma a Pitti Bimbo, la fiera fiorentina che presenta le collezioni per l'autunno-inverno 2016-2017 di 445 marchi, per il 46% stranieri, e che punta ad almeno 6.700 compratori. In questa edizione sono diminuite le sfilate organizzate dai singoli brand, cui ha cercato di sopperire Pitti facendo sfilare le collezioni internazionali pensate per i buyer delle boutique più esclusive (ospitati nella sezione Apartment), ma si rafforza la piattaforma per il lancio di nuovi progetti come la linea N°21 di Alessandro dell'Acqua, affidata in licenza alla bolognese Grant.
Sul fronte aziendale, il tourbillon di accordi rafforza due tendenze. Primo: fare taglie “mini” non è facile, neppure per le storiche aziende di abbigliamento per adulto, tanto che la moda bimbo è sempre più affidata in licenza a realtà specializzate. Secondo: trovare il licenziatario giusto è altrettanto difficile, come dimostrano le nuove intese presentate anche in questa edizione del Pitti Bimbo.
La più clamorosa è il ritorno, dopo appena una stagione (la primavera-estate 2016), della linea bambina Miss Blumarine nelle braccia dell'azienda carpigiana SpazioSei, dalla quale si era separata dopo un lungo sodalizio per andare con Altana. Nuova licenza anche per Ermanno Scervino che dall'autunno-inverno 2016-2017 affida la produzione e distribuzione delle scarpe per bambine 0-14 anni al calzaturificio Andrea Montelpare. Sempre l'azienda marchigiana, leader nell'alto di gamma, si è assicurata la licenza per la collezione calzature del nuovo marchio N°21 Kids. Passa dalla produzione e distribuzione “in casa” alla licenza il marchio napoletano Silvian Heach Kids (circa 17 milioni di fatturato) che a partire dall'autunno inverno prossimo sarà prodotto e distribuito dalla pugliese Mafrat, specialista delle licenze. La stessa Mafrat al Pitti Bimbo lancia il progetto retail per l'apertura dei Quore factory store, punti vendita multibrand in franchising.
E ancora, il gruppo bolognese di fast fashion Imperial ha affittato un ramo d'azienda dell'abruzzese Gieffe Moda per produrre la propria collezione junior a marchio Please.
Sul fronte dei marchi più affermati, continua l'internazionalizzazione l'aretina Monnalisa (39 milioni di fatturato 2015 per il 65% all'export), che nelle prossime settimane riapre il monomarca di Madrid, apre a Shanghai e sbarca in CentroAmerica con una boutique di 130 mq a Panama; festeggia i suoi ininterrotti 40 anni di presenza a Pitti Bimbo la marchigiana Simonetta, col film “Let the journey begin” prodotto da Pitti Immagine, che racconta il percorso di affermazione dell'azienda; dà supporto al progetto di ricerca sull'oncologia pediatrica della Fondazione Veronesi il marchio Sarabanda dell'azienda aretina Minconf, che devolverà parte dei proventi di vendita di una collezione. Infine Il Gufo, che spinge l'export (ormai pesa quasi il 50% dei 26 milioni di ricavi 2015) e vede buoni segnali di ripresa sul mercato russo, oltre a aumentare la presenza retail con l'apertura, dopo Parigi nel settembre scorso, di un monomarca a Londra nel 2016 che porterà a quota 12 le boutique.
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