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Al via Milano Unica: per il tessile italiano export in frenata, Cina e Usa da «coltivare»

«Le incertezze globali ci impongono un cambiamento. Lavorarci tutti insieme, a filiera “unita”, e facendo leva su un valore chiave come il made in Italy è una sfida obbligata: se ognuno giocherà per sé verremo spazzati via». Torna il tema del “fare sistema” nelle parole di Ercole Botto Poala, presidente di Milano Unica, che ieri a Milano ha inaugurato la XXII edizione del salone del tessile e degli accessori, a Fieramilanocity fino a domani con 424 espositori (+6% su febbraio 2014) di cui 125 esteri. Da settembre, invece, la manifestazione avrà sede a Rho Fiera e cambierà layout: «Abbiamo bisogno di spazi più ampi per rendere Milano Unica una fiera ancor più competitiva sul piano internazionale – continua Botto Poala – e valorizzeremo sia gli spazi comuni sia le individualità aziendali».

Il fulcro del discorso del neo nominato presidente – che alla cerimonia di inaugurazione è stato affiancato da Claudio Marenzi, presidente di Smi; Roberto Luongo, direttore generale di Ice e dal sindaco di Milano Giuliano Pisapia – è il cambiamento, necessario a dare una sferzata a un settore in balia degli eventi esterni: secondo le stime di Smi, il tessile made in Italy ha archiviato il 2015 con ricavi in calo del 2,3% a 7,8 miliardi di euro e valore della produzione a 6 miliardi (-2,7%).

A fare la differenza sono state le esportazioni, che sebbene continuino ad assorbire oltre il 55% del fatturato di settore, sono scese dell'1,9%. Colpa della volatilità dei cambi e della frenata di alcune economie, ma anche del calo dell'export che nei primi 10 mesi del 2015 si è registrato in Germania (-8,9%), primo cliente del tessile italiano, Francia (-1,2%), Tunisia (-24,8%) e Spagna (-11,1%). Positive le performance di Usa (+16%), Cina (+9,6%) e Hong Kong (+8%). Il saldo commerciale rimane ancora positivo per quasi 2,3miliardi. «Il secondo semestre è stato più difficile del previsto, in particolar modo in Europa e in Russia -dice Botto Poala -; l'imperativo, oggi, è coltivare due grandi mercati di riferimento: Cina e Usa. Da questi ultimi, ammetto, ci aspettavamo risultati migliori sui prodotti di fascia alta».

L'estero è negli orizzonti di riferimento delle aziende espositrici. Che vedono la fiera come un punto di contatto con i mercati stranieri: a Milano Unica sono attesi compratori da tutto il mondo anche se si prevede un calo dei visitatori dall'ex Celeste Impero per via delle festività legate al Capodanno cinese. Una selezione di aziende italiane, per tutta risposta, presenterà i prodotti tessili P-E 2017 a Shanghai a metà marzo, sempre sotto il vessillo di Milano Unica.

Gli imprenditori del settore hanno cominciato il 2016 «navigando a vista», come dice Silvio Albini, titolare del Cotonificio Albini, 140 anni di storia ed ex presidente di MilanoUnica. «L'anno si è aperto in salita - dice Albini, il cui gruppo ha chiuso il 2015 con ricavi per 146,7 (+2,2%) - ma c'è una richiesta sempre maggiore di prodotti di alta qualità e questo ci fa ben sperare. E poi, se gli emergenti rallentano, i mercati maturi si stanno riprendendo: noi stiamo recuperando terreno anche in Italia ». Nelle parole degli espositori ricorre il termine “incertezza”: «Per noi il 2015 è stato un anno faticoso soprattutto per via dell'andamento disastroso dei Bric - dice Luca Belenghi, ad di Tessitura Monti, 102 milioni di euro di ricavi consolidati a preconsuntivo e 75% di export- e un cambiamento è necessario: bisogna concentrare le idee in soluzioni efficaci a difesa del made in Italy. Anche spostare la sede di Milano Unica, pur se fuori dal centro, se è necessario».

Di certa c'è solo l'urgenza dei cambiamenti: «Abbiamo ragionato per mesi sulla creazione di una fiera “anticipata” rispetto ai classici calendari - dice Marenzi di Smi - e poi a concretizzarla è stata a Parigi Première Vision, che deve all'Italia il 70% dei suoi espositori. Dobbiamo svegliarci». Va affrontato, e in sinergia, anche il tema della contraffazione: «Invito le aziende - chiosa Marenzi - a non stringere accordi individuali con operatori web come Alibaba e Taobao finchè non avranno dimostrato di voler seriamente arginare il fenomeno delle vendite di prodotti falsi ».

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