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La moda domina l’export italiano online: è “fashion”…

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studio del Politecnico di Milano

La moda domina l’export italiano online: è “fashion” il 65% delle vendite all’estero via web

L'export italiano che passa attraverso il web vale circa 6 miliardi di euro e rappresenta ancora una quota marginale, di poco superiore al 4%, delle esportazioni totali di beni di consumo: lo rivela la ricerca dell'Osservatorio Export della School of Management del Politecnico di Milano, secondo cui la maggior parte del fatturato dell'export online è riconducibile ai grandi retailer online, seguiti dai marketplace (come eBay) e dai siti di vendite private.

Il settore più esportato attraverso canali digitali è la moda, che costituisce oltre il 65% delle vendite online oltreconfine, mentre gli altri comparti tipici del made in Italy, ossia food e design, si fermano al 15%.
I principali mercati di sbocco sono l’area europea e gli Usa, con l'aggiunta di Giappone e Russia, mentre sono poco presidiati Cina e Sud America.
Se l’export online “diretto”, cioè gestito direttamente da un operatore con base in Italia, vale 1,5 miliardi di euro, quello “indiretto”, dunque tramite e-store stranieri che comprano in Italia per poi rivendere all’estero, ne vale 4,5.

Secondo un sondaggio su un campione di 110 aziende (sia produttori sia retailer) l'80% delle aziende del Food e del Fashion è costituita da esportatori abituali che destinano ai mercati esteri una quota significativa del fatturato, in media il 46%. Ma circa la metà delle aziende (48%) utilizza esclusivamente canali offline, solo l'1% esporta tramite una strategia online pura, mentre il 28% varia la propria strategia a seconda del Paese di destinazione e il 23% persegue costantemente una strategia multicanale.
Le principali barriere all'e-commerce all’estero sono l'incapacità di usare adeguatamente i canali commerciali online (45%), le difficoltà legate alla comunicazione (16%) e le complessità di natura legale (16%).

Ben il 70% delle aziende che non utilizza l'online desidera iniziare e identifica negli Stati Uniti, i Paesi europei e la Cina le destinazioni più appetibili. Dalla survey condotta dall’Osservatorio Export emerge che il canale commerciale più utilizzato per vendere in Cina è la rete fisica di importatori locali (69% delle 110 aziende rispondenti), mentre solamente il 22% dei rispondenti utilizza una piattaforma di e-commerce, e solo il 16% ha un sito internet proprio. «Questo fenomeno può essere in parte spiegato dagli alti costi e dal lento ritorno sull'investimento dell'eCommerce in Cina - dice Lucio Lamberti, Senior Advisor dell'Osservatorio Export - .Una presenza su una piattaforma B2C richiede infatti investimenti consistenti sia per sviluppare lo store sia per impostare correttamente le campagne di comunicazione, che, nel caso di brand già affermati, possono incidere per circa il 10-15% del fatturato in Cina nei primi anni. Sviluppare campagne di marketing e comunicazione in un mercato culturalmente distante come quello cinese poi implica difficoltà di individuazione di toni, temi e contenuti coerenti con i gusti del mercato. La maggioranza dei casi di successo di imprese occidentali su piattaforme B2C in Cina vede una forte partnership tra il brand internazionale e un operatore cinese oltre un forte coinvolgimento di specialisti di comunicazione locali».

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