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La donna eccentrica di Fendi. Max Mara, righe sofisticate

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La donna eccentrica di Fendi. Max Mara, righe sofisticate

Eccentrico: aggettivo ambìto, nella moda. Ancor più oggi che si cerca in ogni modo di ridefinire l'idea stessa di individualità, nonostante lo strisciare del conformismo digitale. Le passerelle di Milano, in questi giorni, traboccano di figure eccentriche, a volte proprio squinternate: donne al di sopra di ogni nozione - di certo superata - di buono e cattivo gusto, conciate in modi improbabili, il cui unico interesse sembra essere quello di abitare la propria bolla, dimentiche di un mondo crudele che va inesorabilmente a rotoli. Donne che brulicano di volant, trine e falpalà. Questo naturalmente è il cliché, perché se per definizione lontana dal centro, quindi laterale, l’eccentricità sfugge anche alla regola.

È di un rigore sbalestrato, insieme cartesiano e caotico, la collezione di Fendi, esempio perfetto di come sperimentando, oltrepassando i limiti, ignorando i codici, una maison mantenga il proprio status inalterato nei decenni. Fendi è il laboratorio nel quale nulla è impossibile: un locus amoenus di eccentricità scatenata. In grande forma, Karl Lagerfeld, complici le mani sapienti di maestranze che solo possono trovarsi in Italia, realizza una prova che unisce gusto del colore e precisione della linea, severità accollata e cartoon. Fil rouge è il volant: grafico, mai zuccherino, percorre scarpe e abiti come un segno, mentre fiori pop sbocciano a intarsio sulle pellicce, e pennellate fluo accendono lo sguardo. La donna Fendi è figura singolare: non ha una età precisa, perché è ludica e libera come una millennial, ma ha un aplomb da istitutrice, ed è questo che la rende speciale.

È selvaggia, sensuale, erotica e decadente la femmina di Roberto Cavalli. Dopo l’avvio incerto e deludente della scorsa stagione, Peter Dundas sterza deciso e ritorna in carreggiata, immergendosi in intossicanti atmosfere di deboscio cavallesco. Immagina figure allungate come le chine oppiacee di Aubrey Beardsley, che veste di cappe di velluto, giacche broccate, pantaloni a zampa e tutto l’armamentario bohemien, incluse le lunghe sciarpine avvolte al collo come serpenti tentatori, che sarebbe tanto piaciuto a Janis Joplin. La visione in passerella è editata a perfezione, e il codice della maison è rispettato con ortodossia. Quel che manca, forse, è lo scarto di modernità che avrebbe tolto, almeno in parte, la patina di vintage: gloriosa ma spessa.

Chi invece modernizza senza remore è Massimo Giorgetti da Pucci: anche lui alla seconda prova, anche lui un po’ incerto agli esordi. Non più adesso: il nuovo codice è definito; l’espressione è chiara e gli eventuali detrattori non potranno che apprezzare coerenza e concentrazione. Il compito dichiarato di Giorgetti è quello di rendere Pucci rilevante per il pubblico connesso e metropolitano. Lo svolgimento è preciso: atletismo, stampe e pure il logo, ironico alquanto. Si riscopre il Pucci dello sci, senza nostalgie, giocando con volumi estremi in ogni senso, motivo alpini e tocchi pop. Il risultato convince.

Da Max Mara le righe si moltiplicano e le paillette, opache, finiscono pure sul cappotto da giorno in una ricerca ben condotta di sofisticata distonia che è convincente in passerella almeno quanto lo sarà in negozio. Ennio Capasa, da Costume National, ritrova una forza espressiva che gli mancava da tempo. Unisce le linee inesorabili del tailoring androgino ad una nuova morbidezza, che contempla spruzzi di lurex e mollezze femminee, ed emoziona.

È ormai diventato un giochino facile, invece, il verbo di Moschino nell’interpretazione di Jeremy Scott: efficace ma prevedibile nella scelta del tema e nella sua interpretazione letterale fino alla surrealtà. A questo giro è un falò delle vanità, ovvero abiti da ballo bruciati e stampe-slogan salutiste come sui pacchetti delle sigarette. Le rivoluzionarie russe di I'M Isola Marras sono avvolte in varie sovrapposizioni di vestine, e da Les Copains sono immagini di divismo anni Quaranta, mentre l’esordio di Sansovino 6, in una balera, è gioioso e contagioso. Era da tempo che non si vedevano tanti sorrisi su una passerella, per quanto atipica. Anche questa è eccentricità.

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