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Boom per gli e-store dell’usato di lusso: nel mondo cresce la caccia all’affare e all’oggetto del cuore

I guardaroba delle mamme erano sempre pieni di cose che duravano “una vita”: un cappotto, una borsa, si acquistavano e indossavano per anni, anche decenni, e i marchi del lusso erano tutti allineati sul fronte del “timeless”. Molto è cambiato, oggi: il lusso è saturo di marchi e produce collezioni a getto continuo, gli oggetti passano velocemente di moda, si compra sempre più online e il web consente anche utili confronti fra brand e prezzi. Ecco dunque spiegato il boom delle e-boutique del lusso usato, per vendere ciò che non si vuole o non si usa più o per comprarlo a prezzi simili a quelli di un outlet. In più, con il rassicurante supporto di un team di esperti che ne garantisce autenticità e buone condizioni. Insomma, un ottimo servizio di svuota e riempi armadio, che regge il suo business trattenendo una percentuale sulla vendita, in media dal 25% al 40% del prezzo.

Il pioniere del settore è stato Vestiarie Collective, fondato nel 2009 in Francia: oggi ha 4 milioni di membri, 1.500 marchi e riceve 3.500 nuovi oggetti al giorno, di cui circa 3mila vanno online dopo un'accurata selezione: «Nel 2015 abbiamo avuto un giro d'affari di 76 milioni di euro e stiamo crescendo dell'80% in media ogni anno – spiega Fanny Moizant, una delle fondatrici -. Peraltro siamo in grado di intercettare nuovi trend: se un brand annuncia un nuovo direttore creativo, per esempio, la sua richiesta cresce. Da quando Alessandro Michele è arrivato da Gucci, da noi le vendite di Gucci sono aumentate del 94%. In Europa l'Italia è il paese più in crescita in questo momento». Borse, scarpe e gioielli sono i best-seller per Vestiaire Collective, e i brand più amati sono Chanel, Hermès, Louis Vuitton, Prada.

Lo stesso accade anche per The Real Real, un altro gigante del settore da 4 milioni di membri, lanciato nel 2011 a San Francisco da Julie Wainwright, veterana della Silicon Valley, e che ha chiuso il 2015 con ricavi per 200 milioni di dollari, il doppio rispetto al 2014: «Un prodotto si vende in media nel giro di 3 giorni», fanno sapere dal quartier generale. Visto che il meccanismo è piuttosto standard, spesso a decretare il successo di uno di questi store rispetto ai concorrenti sono i servizi aggiuntivi: il punto di forza di TheRealReal, per esempio, è il suo “White glove service”, che implica che un esperto dell'azienda venga mandato a casa di un venditore, lo aiuti nella valutazione e prenda in carico l'oggetto, tutto gratis. Quasi tutti gli altri store, invece, chiedono al venditore di occuparsi della spedizione.

Numeri in crescita, e investimenti mediamente sostenibili per lanciare un e-business, hanno fatto sì che il business sia sempre più affollato: fra gli ultimi nati c'è anche The Luxury Closet, fondato a Dubai nel 2012 da Kunal Kapoor (con in curriculum un passato nel settore vendite di Louis Vuitton) e che si concentra sul Medio Oriente. In quattro anni ha ricevuto 3,8 milioni di dollari di finanziamenti da diversi fondi, ha 200mila membri e vende circa 2500 articoli a settimana, «soprattutto Chanel, Louis Vuitton, Hermès, Louboutin», ribadisce dagli Emirati la fashion editor Milli Midwood: «I nostri clienti sono persone alla ricerca di un oggetto ormai fuori produzione, o di edizioni limitate o ancora di creazioni che non si potevano permettere da nuove».

Duecentomila sono anche i membri di Privategriffe, startup italiana lanciata nel 2012 a Milano e inserita dall'Osservatorio Startup Hi-Tech del Politecnico di Milano fra le più interessanti del fashion (si veda Il Sole 24 Ore del 26 febbraio): «Il 2016 sarà l'anno della nostra apertura all'estero – spiega Leonardo Cucchiarini, cofondatore insieme a Maria Cecilia Andretta -. Nel 2015 abbiamo avuto una crescita del 20% in volumi e del 40% della marginalità media, siamo molto vicini al breakeven. Il nostro scontrino medio è di 200 euro e il mobile è in costante crescita». Privategriffe è riuscito ad abbassare la percentuale trattenuta al rivenditore a una media del 20% garantendo controlli di qualità solo per oggetti dai 200 euro in su, anche se un check è sempre previsto su richiesta.

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