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Tendenze, innovazione e aziende: i segreti del business della moda «curvy»

Raramente su una passerella si sono visti visi più sorridenti di quello di Beth Ditto, la cantante dei Gossip che nel settembre scorso, a New York, ha sfilato per Marc Jacobs avvolgendo i suoi quasi 100 chili in un abito di satin bianco con un boa di piume di struzzo.

Ditto, fra l’altro, ha appena lanciato il suo brand eponimo di “moda conformata”, con taglie dalla 44 alla 54, e non è un caso che il suo debutto di modella sia avvenuto negli Stati Uniti, un Paese dove, stando ai dati raccolti da Npd, il mercato della moda “plus sized” nel 2015 ha generato vendite per 20,4 miliardi di dollari (quasi 18 miliardi di euro), in crescita del 3% rispetto al 2014. Nel Regno Unito, altro mercato chiave per questo tipo di abbigliamento, secondo gli analisti di Conlumino il giro d’affari del 2015 è stato di 5,4 miliardi di sterline, circa 6,9 miliardi di euro), in aumento del 4,5%.

E in Italia? Numeri esatti sulle vendite non sono stati ancora calcolati, ma certo è che la moda conformata interessa un potenziale target di circa 8 milioni di persone: «Abbiamo calcolato che il 15% della popolazione italiana maggiore di 14 anni ha una massa corporea superiore a 30, dunque è in deciso sovrappeso – spiega Giampaolo Falconio, responsabile globale della nuova divisione Luxury Goods, Fashion e Lifestyle di GfK, che ha elaborato il profilo di questo cliente-tipo per Moda24 – . Se la maggioranza, circa il 60% sia di uomini sia di donne, non è interessata alla moda, anche perché non ha un’alta capacità di spesa, esiste d’altra parte una nicchia molto attenta ai trend e pronta a spendere. Per le donne, si tratta dei segmenti di consumo che chiamiamo “red carpet” e “madame”, entrambi con eccellenti disponibilità economiche, le prime più attente ai nuovi trend, le seconde più classiche; per gli uomini, dei “Prince of Wales” e degli “Urban casual”, anch’essi con ottime capacità di spesa, rispettivamente più tradizionali e più contemporanei nel vestire. Abbiamo stimato che le persone appartenenti a queste nicchie di consumo siano circa 1,3 milioni». Sempre secondo l’elaborazione di GfK, i due driver che spingono lo shopping del popolo delle taglie conformate sono da una parte l’impulsività (dunque un acquisto veloce, senza peraltro un’attenta riflessione sul prezzo) e dall’altra la qualità (spesso garantita da brand celebri, che diventano quindi un punto di riferimento importante).

Insomma, c’è un mondo oltre la taglia 44, dove molti marchi hanno fissato la loro linea di confine, che cerca moda di qualità ed è pronto a pagare per averla. Alcuni brand stanno investendo con sempre più convinzione in questo business (si veda l’articolo qui sotto), avendo colto che questo tipo di moda è l’espressione finale di una tendenza che riconosce nel corpo “morbido” una sorta di “new normal”, una rivoluzione che sembra avere avuto un’accelerazione proprio quest’anno: a gennaio, infatti, la modella curvy Iman McDonnaugh è stata scelta come “fit model” (cioè quella in cui sono identificate le consumatrici medie del marchio) da Victoria’s Secret, e la collega Ashley Graham è apparsa in bikini sulla cover della celebre “Swimsuit edition” di Sports Illustrated, che fino a quest’anno aveva ospitato solo fisici come quello di Bar Rafaeli e Irina Shayk. Sempre a gennaio, dopo due anni di elaborazione, Mattel ha lanciato il progetto Alba, con le prime tre Barbie dalle silhouette “diverse”, dunque alta, minuta e formosa.

Il passo più coraggioso, però, finora è stato mosso in Gran Bretagna, dove tre anni fa a Londra è stata lanciata la UK Plus-Size Fashion Week, una mini-settimana della moda curvy che precede tradizionalmente la settimana “normale” e che nella sua ultima edizione ha ospitato una ventina di brand specializzati. Visto il suo successo, Manchester l’anno scorso ha risposto con il primo The Curve Fashion Festival. E a novembre entrambi gli eventi si contenderanno il British Plus Sized Award.

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