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Il caleidoscopio vivace di Parigi

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Sfilate

Il caleidoscopio vivace di Parigi

Donne, vedute di femminilità, atteggiamenti in evoluzione: è questo che i vestiti definiscono in passerella. La visione, se ben congegnata, si tradurrà, per il pubblico, in spinta all'acquisto, alimentata dalla costruzione durevole di un immaginario. A Parigi in questi giorni di sfilate gli show migliori raccontano un caleidoscopio femminile quanto mai vivo e pulsante.

Ogni designer un tipo di donna, ogni maison una attitudine. Da Chloè, Clare Waight Keller sta riportando il marchio, con determinazione e spirito inclusivo, ai fasti dell'epoca di Phoebe Philo. Il suo progetto è trasformare Chloè in un hub di libertà e fratellanza femminile, una comune nella quale esser donna vuol dire agire con morbidezza in ogni situazione, e vestirsi di conseguenza, accettando debolezze e defaillance come parte integrante dello stare al mondo. Non sempre e non necessariamente una donna ha voglia di tirarsi a lustro o abbigliarsi per compiacere, senza per questo incappare in atteggiamenti rinunciatari. Ecco, Clare Waight Keller riesce a condensare queste inafferrabili ma essenziali idiosincrasie in abiti desiderabili. Lo fa con una autenticità che è palpabile, e che rende le sue creazioni vive, non esercizi di stile. La nuova collezione descrive un'avventura liberatoria, senza meta e di certo on the road, nella quale la pelle da motociclista si mescola allo chiffon devorè, i languori romantici alle durezze en plain air. Il risultato è una sinfonia piena di contrasti: avvolgente e peculiare, scatenerà infinite copie nel fast fashion.

È decadente e notturna la femme fatale di Dries Van Noten: capelli schiacciati e occhi fumigati, si sveglia a mezzanotte per vertirsi, allo stesso tempo, da uomo e da sciantosa, mescolando la sartorialità compiaciuta di D'Annunzio con i preziosimi foschi della marchesa Casati, i canvas militari con le sete sontuose e gli animalier bombardoni. A tratti l'accumulo è così denso da intossicare, ma appare possibile perchè l'opulenza è bilanciata da note scabre e terragne.

È un contrappunto esplosivo di contrasti la bella prova di John Galliano per la Maison Margiela. Lo scontro frontale tra le personalità opposte e complementari di John e Martin è così assurdo e così riuscito che ormai si dovrebbe chiamare il marchio Maison Galliano. Perchè John è al timone, e alla sua donna squinternata e istrionica non intende rinunciare. Peró la perfezione leccata di un tempo lascia ora spazio alla ruvidità del non finito, alla frizione esacerbata degli opposti. Nell'incastro di militare e ladylike, di psichedelia e barocco, la prova trova il suo equilibrio sghembo, e convince.

Da H&M Studio il messaggio dichiarato è: bellezza inclusiva. La traduzione è un cast stellare di supermodelle di ogni età con qualche timida concessione al transgender e al plus size. Troppo poco e troppo facile, onestamente, se a lanciare il messaggio è una potenza del genere, con un bacino d'utenza così vasto. Gli abiti, carichi di note folk, sono anch'essi un inno a inclusione e molteplicità. Quel che manca, forse, sono humor e leggerezza. Se anche H&M si prende sul serio, sono tempi bui.

Julien Dossena, il giovane e capace direttore creativo che sta ridando lustro alla maison Paco Rabanne, compie un viaggio intergalattico che con rapidità inesorabile connette futurismi secchi e primitivismi asciutti, spirito atletico e sensualità, morbidezza e androginia. Nel suo lavoro il debito verso Helmut Lang è evidente ma non di plagio si tratta, bensì di una lingua di base da scardinare, omaggiare, riconfigurare. La donna? È una cadetta che si muove nel tempo e nello spazio.

Alessandro Dell'Acqua, da Rochas, dipinge figure fragili ma coriacee, vestendole di veli e di ruche a spirale, di lamè e di velluti. Aggraziata e vibrante, è la sua miglior collezione dall'arrivo alla direzione creativa della storica maison. Nel boudoir neo-rococó di Balmain, invece, è tutto un affollarsi di panterone strizzate dentro bustini e guepiere, addobbate di volant e passamanerie, opulente e predaci come Kim Kardashian, amica del direttore creativo Olivier Rousteing. Tutto sommato, un modello femminile non dei migliori. I cigni colti in uno stato di trasformazione di Rick Owens, in fine, sono una prefigurazione liquida e sensazionale di quello che potrebbe essere il futuro: ritorno al brodo primordiale. Ovvero, decostruzioni immaginifiche e moda come metamorfosi. Visionario e potente, Owens si conferma innovatore temerario, araldo di una idea di femminilità che non ha eguali.

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