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Ricavi Cucinelli a 122 milioni (+9,1%) , corre anche l’export a che sfiora l’80% del fatturato

Siamo solo ai dati del primo trimestre, ma Brunello Cucinelli è ottimista e prevede «una sana crescita a due cifre sia del fatturato sia dei profitti per l’intero 2016». Lo fa sulla base degli ordini, già tutti “metabolizzati”, delle collezioni per l’autunno-inverno 2016-2017: è il bello – e a volte il brutto – dei cicli produttivi della moda e del lusso: all’inizio di maggio il destino dell’anno è di fatto segnato. Nel caso dell’azienda umbra è, ancora una volta, un destino positivo.

Nel primo trimestre il fatturato è cresciuto del 9,1% a 121,8 milioni e se – come annunciato dal fondatore, presidente e ceo – la percentuale si mantenesse intorno alle due cifre da qui a dicembre, nel 2016 i ricavi potrebbero avvicinarsi al mezzo miliardo di euro, rafforzando la posizione del brand nella fascia più alta del mercato a livello globale.

L’export di Cucinelli sfiora l’80% e nel primo trimestre è cresciuto del 9,8%. Buone notizie anche dal mercato italiano, che assorbe il 20,4% delle vendite e nel periodo gennaio-marzo è salito del 6,4% a 24,9 milioni, un risultato ancora migliore rispetto al già positivo +3,7% dell’intero 2015 e in controtendenza rispetto a molti altri marchi della moda e del lusso, che continuano a riflettere la crisi del mercato interno.

Nato come marchio di maglieria in cashmere ma sempre più sinonimo di lifestyle (di recente si è ampliata ad esempio la linea per la casa), Cucinelli ha mantenuto un portafoglio mercati diversificato tra Europa (31,5% del fatturato, +9% sul primo trimestre 2015), Nord America (31% del fatturato, in aumento del 9,2%), Greater China (6,3% del fatturato, salito dell’11,1%) e Resto del mondo.

La stessa logica ha guidato lo sviluppo della distribuzione: al 31 marzo 2016 le boutique nel mondo erano 120, dieci in più rispetto al 31 marzo 2015. Il canale monomarca assorbe circa la metà delle vendite e Cucinelli ha sempre sostenuto che si tratta di un buon equilibrio con il canale wholesale, che l’imprenditore considera strategico per un «autentico confronto con il mercato». Proprio dai dati sul cosiddetto sell-out (il numero di capi e accessori effettivamente venduti delle collezioni primavera-estate 2016, quelle arrivate nei negozi subito dopo Natale) viene l’ottimismo per l’intero esercizio e in questo il canale wholesale, fatto da multimarca indipendenti e grandi department store, è un punto di osservazione privilegiato.

Impegnato da anni nella tutela del suo territorio, nella valorizzazione del patrimonio artigianale dell’Umbria e nel miglioramento delle condizioni economiche delle persone che lavorano per la tutela del “fatto a mano”, Cucinelli riserva un’ultima osservazione all’Italia nel suo complesso: «Credo che piano piano questo Paese stia ritrovando dignità civile, umana ed economica». Wishful thinking? A guardare i numeri della sua azienda si direbbe proprio di no. Il titolo ha chiuso ieri invariato a 17,55 euro.

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