Moda24

Jacob Cohën sale del 10% e rafforza la linea donna

  • Abbonati
  • Accedi
MADE IN ITALY

Jacob Cohën sale del 10% e rafforza la linea donna

Franco Catania, al vertice di Giada, l'azienda che produce e distribuisce il marchio Jacob Cohën
Franco Catania, al vertice di Giada, l'azienda che produce e distribuisce il marchio Jacob Cohën

«Il 2015 è stato un anno molto positivo: il fatturato è cresciuto del 10% a 62 milioni e l'utile del 25%, passando da 4 a 5 milioni. Per il 2016 prevediamo un ulteriore aumento a una cifra dei ricavi, ma è una stima prudente».
Franco Catania presenta così i risultati 2015 di Giada, l'azienda di cui è amministratore unico e che produce e distribuisce in tutto il mondo il marchio Jacob Cohën. Una partnership con la famiglia Bardelle, proprietaria del brand, iniziata nel 2004: un anno prima Nicola Bardelle aveva deciso di rilanciare il marchio (depositato nel 1985 ma fino ad allora rimasto “dormiente”) come sinonimo di jeans di lusso. L'obiettivo era proporre denimwear sartoriale, con dettagli preziosi e cuciture a mano, che utilizzasse solo tessuti della più alta qualità disponibile, italiani ma anche giapponesi. Dai 700 capi venduti nel 2003, per un fatturato di 1,1 milioni, si è passati ai 650mila del 2015 e ogni jeans è made in Italy. Anzi, made in Veneto, e il posizionamento è molto alto (dai 180 euro in su) .

«Nello scorso anno c'è stato un balzo nell'export, passato dal 46% del 2014 al 70%, anche grazie all'espansione retail. In Italia l'unico monomarca è a Taormina, mentre all'estero ci sono nove negozi in partnership: due in Giappone, uno a Doha e sei in Europa – spiega Catania –. Nel 2016 vorremmo crescesse inoltre il peso delle collezioni donna, che oggi assorbono il 15% delle vendite: stiamo ampliando la gamma di prodotti affiancando capispalla a camicie ai jeans e ai pantaloni estivi in tessuti particolari. Nel medio termine avremo poi accessori e, perché no, la licenza per il profumo».
Jacob Cohën e Giada si trovano in un momento delicato del percorso aziendale: le dimensioni sono ragguardevoli per il panorama italiano del settore moda e in particolare per un marchio noto e specializzato soprattutto per un prodotto,il jeans. Per fare il salto dimensionale necessario a competere a livello globale alcune aziende, a parità, più o meno, del fatturato di Giada, hanno aperto a soci esterni o stanno pensando di farlo. Catania smentisce l'ingresso di un fondo, ipotizzato nei giorni scorsi (si veda Il Sole 24 Ore del 18 maggio) e dipinge un altro possibile scenario.

«La Giada spa potrebbe acquistare il marchio Jacob Cohën: se n'è parlato e la famiglia Bardelle sta valutando questa strada, ma non c'è alcuna fretta, perché c'è sempre stata una perfetta intesa sulle strategie – precisa Catania –. Le priorità sono altre: affinare il mix distributivo, continuare a crescere nel retail grazie ai giusti partner nei diversi mercati e sviluppare l'e-commerce».
In Italia Jacob Cohën è presente in 400 multimarca e ha un monomarca nel centro di Taormina, mentre all'estero la distribuzione wholesale è fatta da 1.400 punti vendita. «A Londra abbiamo due corner, da Harrods e da Harvey Nichols. Gli altri flagshipstore europei sono a Saint Tropez, Courchevel e Principato di Monaco, ai quali si aggiungono Mosca, che consideriamo Europa, e in Belgio, Anversa e Knokke-Heist – racconta l'amministratore unico di Giada –. Ci mancano le grandi capitali del lusso: il sogno, o meglio, l'obiettivo, è aprire anche a Milano e Parigi».

Oltre al progetto per l'e-commerce interno, le energie di Catania e dell'intera Giada (cento dipendenti diretti ai quali si aggiunge un considerevole indotto) sono impegnate nel velocizzare i tempi di produzione, lavorando sia sulle materie prime sia sui passaggi interni. «Alcuni mercati, in primis quello americano, per definizione molto competitivo – conclude Catania – chiedono consegne sempre più anticipate. Per continuare a crescere, specie all'estero, dobbiamo essere pronti e flessibili».

© Riproduzione riservata