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Il risveglio di Milano funziona da calamita per lo shopping di alta gamma

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L'Analisi|8° LUXURY SUMMIT

Il risveglio di Milano funziona da calamita per lo shopping di alta gamma

Disfattisti di professione, antagonisti per partito preso, superficiali in automatico? A cuccia. Milano continua a essere la città cool - aggettivo ormai sdoganato dalle masse - sbocciata davanti agli occhi del mondo durante i sei mesi di Expo da maggio a ottobre dello scorso anno. Ed è destinata a essere sempre di più “a place to go”, la città numero uno da visitare, come suggerito a sorpresa dal New York Times ai tempi dell’Esposizione universale.

Una città piccola - per carità - rispetto a certe megalopoli globali, ma in grado di calamitare come mai in precedenza l’interesse dei consumatori internazionali. Cinesi, in primo luogo, che vedono il capoluogo lombardo come destinazione ideale per lo shopping di lusso, declinato in mille rivoli: dal fast fashion ai marchi di nicchia più esclusivi, dal beauty agli orologi e agli occhiali, passando per l’infinita gamma del posizionamento nell’arena competitiva. Sì, certo: c’è L’Ultima Cena. Sì, c’è il Duomo. Sì, c’è il Castello Sforzesco. Ma la maggioranza arriva per gli acquisti, ed è inutile far finta che non sia così. Nell’analisi From China to Chinese presentata ieri all’8° Luxury Summit del Sole 24 Ore da Boston Consulting Group (si veda anche l’articolo a fianco) emerge con chiarezza che la “città della moda” può essere davvero il volano dell’industria del settore. Ma, in realtà, non soltanto di quella: essere una shopping destination non deve essere vissuto come una diminutio rispetto al valore che ogni città italiana può sfoggiare in termini di arte, cultura, paesaggio, cibo. In sintesi: Italian lifestyle.

Nel 2020, secondo Bcg, viaggeranno all’estero 120 milioni di cinesi rispetto ai 55 milioni del 2015, che hanno speso oltreconfine 50 miliardi di euro. Se è vero che bisogna contestualmente cercare di recuperare il consumo locale (che in Italia, solo per fare un esempio, è congelato da anni), è altrettanto indispensabile catturare questo esercito di clienti internazionali con un enorme sforzo di sistema, puntando proprio sulla capacità di attrattiva di luoghi simbolo. Uno per tutti? La Galleria Vittorio Emanuele, che congiunge un’eccellenza come la Scala e piazza Duomo lasciando estasiati i visitatori esteri per l’imbattibile mix tra bellezza architettonica mozzafiato e negozi in cui vivere l’esperienza di acquistare dove i marchi sono nati, dove sfilano sulle passerelle, dove vivono e lavorano ogni giorno gli stilisti.

Serve dunque una progettualità condivisa sulla quale proseguire il percorso di risveglio di Milano, che può fare da traino al resto del Paese: la finale di Champions league di domani sera a San Siro tra Real e Atletico, le due squadre top di Madrid, è un’altra straordinaria opportunità di visibilità e di business cui si aggiunge la XXI Triennale che garantisce un lustro irripetibile altrove nel pianeta a un’altra industria su cui scommettere tutti insieme, quella del design, legata a doppio filo al mondo dell’architettura, dove pure l’Italia vanta eccellenze importanti.

La leva della moda è lì, con tutte le sue potenzialità tangibili e intangibili: non riuscire a utilizzarla nelle sue mille sfaccettature sarebbe un autogol di sistema.

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