Attraente. Utile. Sorprendente. Indispensabile. Punta su questi quattro elementi Pitti Uomo numero 90, l’edizione dei 45 anni (da quel 1972 quando 43 aziende si riunirono all’hotel fiorentino Villa Medici per presentare le collezioni a 526 compratori italiani e 98 internazionali) che va in scena da oggi a venerdì 1 alla Fortezza da Basso di Firenze – col tema-guida Lucky numbers - contagiando la città con un cartellone di eventi che gli organizzatori di Pitti Immagine definiscono “straordinario”.
La vocazione internazionale è stata la linfa che ha alimentato la crescita del Pitti Uomo, intesa sia come offerta (il 44% dei 1.223 marchi che espongono in questa edizione è straniera) che come domanda (oltre il 40% degli oltre 20mila buyer attesi arriva dall’estero), facendola diventare la più importante rassegna al mondo della moda maschile. Una rassegna che è, e vuole rimanere, prima di tutto una vetrina del made in Italy aperta sul mondo e un appuntamento di business. Da qui l’attenzione all’andamento del mercato e dell’industria.
Quella italiana della moda maschile (intesa come produzione di abbigliamento in tessuto e in pelle, maglieria, camiceria e cravatte) ha cominciato il 2016 in frenata, con una contrazione dell’export nei primi due mesi (-1,1% rispetto a gennaio-febbraio 2015) per effetto delle vendite nei mercati extraeuropei (-4,7%), in particolare Stati Uniti (-6,9%), Svizzera (-6,6%) e Hong Kong (-1,2%). Le vendite nei mercati Ue salgono invece del 2%. A confortare sono i segnali che arrivano dalle aziende interpellate a campione da Sistema moda Italia (Smi), che indicano +2,1% nella raccolta ordini del primo trimestre dell’anno.
Il timore, a questo punto, è di un rallentamento ulteriore dopo quello registrato dall’industria italiana della moda maschile nel 2015. L’anno scorso è rimasto comunque in terreno positivo: +1,4% il fatturato arrivato a sfiorare 8,9 miliardi di euro, secondo il consuntivo fatto da Smi, con un valore della produzione realizzata in Italia che però scende ancora (-3,5%) a 4,67 miliardi. A ridimensionare le previsioni sono stati i consumi interni, che hanno deluso anche nella seconda parte dell’anno (nonostante la schiarita del bimestre settembre-ottobre): il bilancio finale segna -3,4% del sell out domestico, in linea con l’andamento del 2014.
Ha continuato invece a crescere nel 2015 l’export, +2,3% a 5,6 miliardi, acquistando così un peso-record del 63,6% sul fatturato; ma è cresciuto – a un ritmo decisamente più sostenuto – anche l’import, +7,8% a quota 4 miliardi. Il risultato è un peggioramento del saldo commerciale della moda maschile, che dimagrisce da 1.815 a 1.652 milioni di euro.
È in questo quadro altalenante, che intreccia difficoltà geopolitiche e rallentamento di Stati Uniti e Asia, che si apre il novantesimo Pitti Uomo, arricchito di servizi per le imprese espositrici che hanno dimensioni sempre più piccole (l’80% ha un fatturato inferiore a 10 milioni) e di nuovi strumenti di promozione del made in Italy. Sul primo fronte Pitti Immagine ha messo a punto un’app per la raccolta ordini integrabile nei sistemi aziendali e supporto per le aziende che vogliono sviluppare il commercio elettronico. Sul secondo fronte, debutta l’accordo triennale stretto tra le Gallerie degli Uffizi e la Fondazione Pitti Discovery per ideare mostre e creare a Firenze il primo Museo della moda italiana.
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