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La moda britannica unita nel “no” a Brexit

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verso il referendum

La moda britannica unita nel “no” a Brexit

LONDRA - Nel febbrile conto alla rovescia in vista del referendum sulla Ue della settimana prossima ci sono poche certezze: la Gran Bretagna, secondo i sondaggi, è divisa a metà ed è impossibile fare previsioni sull'esito del voto. Il mondo della moda britannico invece non ha dubbi: il 90% dei designer vuole restare nell'Unione Europea.

Secondo i risultati di un sondaggio commissionato dal British Fashion Council (Bfc) tra 500 stilisti, nove su dieci sono schierati contro Brexit, mentre solo il 4,3% è a favore dell'uscita dall'Unione Europea e gli altri sono indecisi o preferiscono non votare.

Già durante le sfilate maschili di London Collections: Men (Lcm), nei giorni scorsi, il tema del referendum aveva fatto capolino, e diversi designer come Christopher Raeburn, Lou Dalton e Daniel Fletcher hanno mostrato il loro sostegno per il fronte pro-Ue con slogan sulle magliette in passerella. Anche Vivienne Westwood, che non ha sfilato, si è fatta vedere in giro con una maglietta che esorta i giovani a votare il 23 giugno, con la scritta: «Non lasciate che la vecchia generazione decida il vostro futuro».

I giovani hanno trionfato come sempre alle sfilate londinesi con le collezioni uomo per la primavera/estate 2017 di Lcm, che dalla prossima edizione cambieranno nome, uniformandosi alle sfilate donna e diventando London Fashion Week Men's. L'ultimo Lcm ha vantato meno firme celebri ma ha potuto dimostrare l'energia innovativa tipica di Londra. Tra i grandi assenti Tom Ford, Alexander McQueen, Dunhill e Moschino.

È mancato soprattutto Burberry, che aveva annunciato in febbraio che le collezioni uomo e donna sfileranno insieme in settembre, decisione poi presa anche da Gucci e Bottega Veneta. Lo slot-clou di Burberry dell'ultimo giorno di Lcm è stato preso da Coach, brand Usa celebre per gli accessori in pelle che è in fase di grande rilancio grazie al direttore creativo Stuart Vevers.

L'inglese Vevers ha mantenuto il look decisamente americano di Coach, con pantaloni di pelle nera abbinati a giubbotti da baseball e giacconi in pelle dipinta: «Abbiamo voluto sfilare a Londra perché, anche se il marchio ha 75 anni, la linea di abbigliamento è nuova per noi e quindi ha senso far parte della dinamica scena londinese. È qui che la gente viene per trovare design giovane e innovativo».

A conferma di questo ha sfilato l'ultimo giorno un giovane talento che si è laureato a Central StMartin's solo pochi mesi fa. Kiko Kostadinov, nato in Bulgaria ma residente a Londra, ha conquistato media e buyer con quelle che ha definito le sue “uniformi da lavoro”: tute, pantaloni e vestiti funzionali, in colori sobri dal beige al blu, ma con un tocco di creatività e tante tasche. La collezione è piaciuta tanto che sarà in vendita a breve al prestigioso Dover Street Market. A Lcm è nata una stella, l'ultima di una lunga serie.

Come ha sottolineato Eric Jennings, fashion director di Saks Fifth Avenue, Londra «ha una streetwear inimitabile e l'alta sartoria di Savile Row, due cose che si trovano solo qui».

Il mercato dell'abbigliamento maschile continua a crescere in Gran Bretagna: secondo gli ultimi dati Mintel, pubblicati in occasione di Lcm, la crescita è stata del 4,1% nel 2015 a 14,1 miliardi di sterline, contro un +3,7% per la moda femminile. La moda uomo ora rappresenta il 25% del totale e si prevede raggiunga quota 17,3 miliardi entro il 2020.

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