
Provate a immaginare come si potrebbe sentire il proprietario di un ristorante di Alba se, durante l’altissima stagione del tartufo, il suo valente chef gli dicesse: «Tra due settimane torno in Giappone. Per sempre». Dopo un primo momento di panico Achille Boroli, patron della Locanda del Pilone, a Madonna di Como, su un panoramico cocuzzolo delle Langhe, a 7 km da Alba, ha affrontato con coraggio la situazione e ha affidato il ristorante stellato a Federico Gallo, secondo dell’executive, come lui allievo di Antonino Cannavacciuolo: 28 anni, due occhi nocciola vivaci, un’aria da ragazzino e un curriculum da cuoco di lunga data, con esperienze a Los Angeles, in Messico, alla Parolina di Trevinano, al Geranium di Copenaghen, l’unico ristorante 100% biologico con tre stelle Michelin.
Nella sala, pochi tavoli rotondi, distanti uno dall’altro, e grandi vetrate che incorniciano le colline, le viti, i borghi, i castelli, le Alpi sullo sfondo. Tovaglie e stoviglie bianche, semplicissime, un vaso con un unico grande fiore, al centro. Arrivano il pane di grano duro fatto con il lievito madre, i grissini stirati a mano, la focaccia tiepida. Si versano i vini della casa, Tenuta Boroli, che entro due anni convertirà tutta la produzione di 12 ettari a Barolo di altissima qualità, il vino per cui sono stati scelti da Lvmh prima, e da un negociant di Bordeaux poi, per la distribuzione internazionale.
Il menu contempla la tradizione (nelle quattro portate di “C’era una volta”, 65 € senza vini), lascia spazio alla creatività dello chef (nelle 9 portate di “A modo nostro”, 95 €), e offre sempre alternative stagionali alla carta. Ci sono i tajarin ai 40 tuorli con pomodoro e salsiccia di vitello, gli agnolotti del plin all’arrosto d’anatra, e il bollito misto con le giuste salse, ma anche le linguine con vongole e camomilla, e l’astice blu con cipolle e peperoni, tutto sulla griglia, tutto scomposto artisticamente nel piatto. I sapori si distinguono bene, le consistenze sono rispettate. Insomma il giovane Federico, che è stato un ottimo allievo del precedente Masa, ha rivelato talento, idee, personalità e la maturità, a 28 anni, di difendere la prima stella Michelin e confrontarsi con essa fino al verdetto del prossimo autunno.
Dopo pochi mesi la famiglia Boroli è molto soddisfatta del giovane chef, che ha addirittura superato le aspettative. Elogiano il tonno di coniglio con crema all’aglio, limone, puntarelle, taggiasche e le animelle con mele e patate viola affumicate, due antipasti di cui vanno orgogliosi, come del piccione e foie gras d'anatra, lemongrass e radice di valeriana.
Lo chef non è prolisso e non filosofeggia. Spiega invece che durante il suo recente stage al Geranium ha imparato molto: «È stata un’esperienza che mi ha aperto gli occhi su tante cose. Trattano la materia prima in modo che sembri leggerissima, mentre è molto condita e lavorata, e sono insuperabili sull’estetica. Ho preso spunti e sono cresciuto, anche se la mia cucina è diversa. Nei miei piatti l’estetica non è un obiettivo principale e uso poche erbe, se non nessuna».
Ma intanto a guardarli questi piatti vien voglia di appenderli, come le stampe degli antichi libri di botanica. E anche se la prova decisiva del cuoco sarà durante la fiera del tartufo, per la quale sta già preparando il menu, vale la pena nel frattempo arrampicarsi fino alla Locanda del Pilone, prenotare una delle stanze e una visita alla cantina e godersi le splendide Langhe che, appunto, sono un Patrimonio dell’Umanità Unesco.
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