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Versace sensuale, Schiaparelli surreale. Dior convince, in attesa…

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haute couture, giorni 1 e 2

Versace sensuale, Schiaparelli surreale. Dior convince, in attesa di Maria Grazia Chiuri

Christian Dior haute couture A-I 2016/17
Christian Dior haute couture A-I 2016/17

Il caos che governa il sistema è particolarmente evidente nella breve kermesse parigina della haute couture, iniziata domenica. Alle sfilate di maison venerande si affiancano ruvidi show avanguardisti, presentazioni di precollezioni, l'occasionale sfilata da uomo. È male minore: frizioni e incongruità raccontano ipso facto il caleidoscopio stordente e confuso del contemporaneo.

Senza dimenticare, naturalmente, che anche il linguaggio della couture si evolve. Schiaparelli, nonostante il marchio sia stato risvegliato da un lungo sonno solo da pochi anni, si schiera ad esempio dalla parte di quanti conservano invece di scardinare. Surreale come da copione, l'alta moda della maison è sognante e distante: pensata per una figura idealizzata. «La giornata della donna Schiaparelli non inizia prima delle cinque del pomeriggio» scherza Betrand Guyon, il direttore creativo. La prova, coerente e apprezzabile, è ispirata al circo, come una mitica collezione di Elsa in persona, datata 1938. «Ma non c'è nulla di archivistico» specifica Guyon, al quale gioverebbe però minore ortodossia, forse anche una produttiva infedeltà, rispetto alla storia, per evitare la trappola del passatismo.

Donatella Versace con il passato ha un rapporto libero, e i risultati lo dimostrano. Svincolata dalla pastoie del versacismo di maniera, continua a scolpire la figura, gloriosamente versaciana, di una donna potente perchè sensuale e sessuale. A questo giro la avvolge in ampi cappotti e drappeggi multipli che occasionalmente le scappano di mano, ma che finalmente paiono il frutto di una applicazione sartoriale degna del titolo di alta moda.

Da Dior, Serge Ruffieux and Lucie Meier, direttori creativi ad interim in attesa del gran cambiamento, semplificano, fluidificano e decostruiscono, ed è la prima volta che convincono davvero. Per il debutto ufficiale nel calendario della couture, ospite della Chambre Syndicale, Francesco Scognamiglio non devia dalla visione di grazia carnale e perigliosa che lo ha reso famoso: semplicemente, spinge l'acceleratore sulla costruzione scultorea della silhouette, sullo scintillare algido dei ricami, e l'effetto è intossicante, come una tuberosa sniffata in un vicolo napoletano marcio e cadente. Tecnicamente quella di Alberta Ferretti Limited Edition non è couture, ma altissimo prêt-à-porter: l'arrivo a Parigi diventa occasione per una riflessione su opulenza e decoro che convince davvero solo quando misurata e controllata, come negli abiti brulicanti frange e pieghe, ma che in generale sottrae leggerezza all'ineffabile leggiadria della maison. Il clash di preziosismi da palazzo e stramberie da disco club di Miu Miu è fresco e accattivante, mentre da Vetements, che sfila con ben tre mesi di anticipo, l'idea di co-branding ad hoc con le indiscutibili eccellenze di settore, da Manolo Blahnik a Carhartt, è un acuto business plan che glorifica la creatività invece di affossarla.

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