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Lusso, le vie dello shopping non sentono la crisi. New York la più cara

È il sogno di qualsiasi marchio della moda e del lusso: aprire un negozio sulla Fifth Avenue di New York, magari nella parte “upper”, vicino a Central Park. I grandi brand lo hanno fatto tutti e oggi c’è un mix impensabile in altre vie mondiali dello shopping: tra la 49esima e 60esima strada, in particolare, convivono alta gamma e fast fashion. Solo in Oxford Street, a Londra, e sugli Champs-Elyées di Parigi accade qualcosa di simile, però si tratta di due strade molto lunghe rispetto, ad esempio, a via Monte Napoleone, a Milano, o a via Condotti, a Roma, dove infatti c’è una più alta concentrazione di lusso. Il mix di New York ha evidentemente qualcosa di speciale, perché Fifth Avenue ha i canoni di affitto più alti al mondo: secondo l’ultimo High Street Report di World Capital l’affitto annuale a metro quadro sfiora i 30mila euro. Ancora più alta la stima del Main Streets across the World Report di Cushman&Wakefield: quasi 34mila euro. Per un negozio di cento metri quindi il costo annuale è di 3 milioni, a cui vanno aggiunte le spese di gestione e per il personale.

Cento metri possono essere sufficienti per un marchio di gioielli o di orologi, l’abbigliamento ha bisogno di ben altri spazi e il calcolo è presto fatto: per 250 metri – metratura comunque non ideale per la maggior parte dei brand – il canone annuo oscilla tra i 7,5 e gli 8,5 milioni. Esorbitanti le cifre a cui si può arrivare per megastore come Abercrombie&Fitch o Uniqlo, disposti su più piani. Quello del colosso giapponese, in particolare, ha una superficie di quasi 9mila metri. Forse in casi come questi i proprietari degli spazi applicano canoni inferiori, ma si tratta pur sempre di decine di milioni di euro. Non stupisce allora che tutti i brand del lusso (e non solo) abbiano annunciato, insieme ai dati semestrali, la volontà di rinegoziare i contratti di affitto nel mondo: i casi più recenti sono quelli di Salvatore Ferragamo e Prada, che a New York, Hong Kong e Parigi, le tre città più care, hanno più di un negozio. L’alto di gamma non è in crisi, ma ha rallentato la sua corsa, con poche eccezioni (tra gli italiani ci sono Brunello Cucinelli e Moncler, tra gli stranieri Hermès): nel complesso, ricavi e utili hanno smesso da tempo di crescere a due cifre. Ma tagliare i costi per gli affitti non sarà semplice, come spiega Thomas Casolo, head of retail leasing di Cushman&Wakefield: «La durata dei contratti va da 10 a 15 anni e in genere non ci sono margini di contrattazione prima della scadenza. Gli affittuari possono avere questa esigenza, non l’hanno i proprietari: la domanda di spazi nelle high street è molto superiore all’offerta. Per un marchio che se ne va, ce ne sono altri pronti a subentrare». Il risultato di questa semplice dinamica microeconomica è che i canoni non sono scesi di un euro nonostante il calo, praticamente ovunque, degli acquisti, legati a motivi economici e geopolitici: i flussi turistici sono diminuiti e a Parigi, ad esempio, c’è stato un vero e proprio crollo. «Nella capitale francese i canoni non saliranno, ma nemmeno scenderanno – aggiunge Casolo –. Potrebbe invece diventar più cara Barcellona, attualmente al 15° posto con un canone, in Portal de l’Angel, di 3.240 euro, uno dei più bassi in Europa».

Quanto all'Italia, unico Paese ad avere due strade nella top ten (si veda la tabella qui sopra), gli analisti di World Capital sono ottimisti: «I settori italiani del retail e della moda negli ultimi anni hanno registrato un crescente interesse degli investitori, soprattutto internazionali – spiega Neda Aghabegloo, responsabile dipartimento di ricerca di World Capital –. L’Italia, connubio di cultura e bellezza e straodinaria meta turistica, continua a essere una delle location più adatte per portare le proprie vetrine e sviluppare brand globali».

Thomas Casolo sottolinea infine i cambiamenti in atto a Milano e Roma: «C’è stato un certo ricambio e credo che l’auspicio dei marchi del lusso sia che via Monte Napoleone e via Condotti restino focalizzate sull’alto di gamma. Ma nessuno potrebbe impedire a marchi di altre fasce di subentrare quando scadono i contratti. Tutto dipende dai proprietari delle location e certe offerte non si possono proprio rifiutare».

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