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Da Bottega Veneta stile senza età. Scervino aggiorna il codice

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milano, giorno 4

Da Bottega Veneta stile senza età. Scervino aggiorna il codice

La sfilata di Bottega Veneta
La sfilata di Bottega Veneta

Eleganza è un termine, e ancora più un modo di essere, che non si addice ai nostri tempi cinici, rapaci, volgari. La moda, poi, pur dovendo, almeno sulla carta, promuoverla, all’eleganza ha ormai rinunciato, presa a inseguire i fantasmi dell’esibizionismo bling bling di nuovi ricchi veri e digitali. Tra i pochi designer oggi in grado di maneggiare questa difficile materia, e di farlo in una maniera rilevante per il momento invece che nostalgica, è Tomas Maier, direttore creativo di Bottega Veneta. L’emozionante show con il quale Maier ieri ha celebrato insieme i cinquant’anni del marchio e i quindici di direzione creativa, ne è stato dimostrazione lampante.

Nessuna sbavatura, nessun eccesso, nonostante la location insieme intima e grandiosa - i corridoi dell’accademia di Brera - e il cast spettacolare di donne di ogni età - da Lauren Hutton, splendida con le sue rughe non toccate da botox e refill, alla raggiante Eva Herzigova alle giovani modelle del momento. Bottega Veneta è da sempre simbolo di lusso sussurrato, di avversione per il chiasso e lo show-off; sinonimo di una discrezione piena di nuance, cui negli anni Maier ha aggiunto volume e sfumature. Questa stagione lo show è misto, ma sono le donne, inevitabilmente, ad attrarre l’attenzione.

Sono signore, nel senso letterale e pradesco del termine: donne consapevoli del proprio ruolo e della propria presenza. Indossano scarpe con zeppe dal vago sapore anni quaranta, e un guardaroba cinematografico di classici senza tempo, dal trench al golfino alla gonna a ruota, toccati dalla sapienza artigianale di Bottega Veneta, e da un lavoro stilistico sottile ma determinante. La poesia della materia e delle proporzioni intriga l’occhio, ma sedurrà poi solo il tatto delle privilegiate che questi abiti potranno permetterseli. In questo rifiuto di dichiarare tutto e subito, così brutale e così contemporaneo, sta il motivo del successo duraturo del marchio, capace di porsi al di sopra delle mode senza rinunciare a essere di moda.

Anche Rodolfo Paglialunga, da Jil Sander, riflette su una idea cinematografica di eleganza, ma lo fa alzando metaforicamente il volume, ovvero esagerando e distorcendo le proporzioni. Sono le spalle, squadrate, enormi e mascoline, a colpire, perchè cosí decise non le si vedeva dagli anni Ottanta. Agli anni Ottanta fanno pensare - in maniera a tratti didascalica - anche i fitti plissè, tondi come piaceva a Krizia o angolosi come quelli di Miyake. La sintesi, però, è personale. La silhouette è fluida, languida, e il dialogo tra maschile e femminile, codice della maison, viene letto con sottigliezza e sensibilità, e un dis-equilibrio nuovo.

Sono eleganti, con una civetteria anni cinquanta e una irriverenza di oggi, le signorine cotonate di Antonio Marras, che si ispira alle foto di Malik Sibidé e alla feste da ballo di Bamako, Mali, per comporre un elogio di musica e moda come strumenti per abbattere confini e barriere. Lo spirito è leggero, e proprio per questo la collezione convince.

Anche da Ermanno Scervino c’è freschezza nell’aria. Qui le signore sensuali di ieri sono diventate giovani fanciulle senza perdere dignità, e nemmeno appeal ladylike. Un passo in avanti a lungo atteso, che si spera porterà in nuovi territori, perchè ripetersi all’infinito oggi è pericoloso.

Da Blumarine la carnalità esibita di un tempo lascia spazio a un certo non so che; le starlette pailettate diventano figure pensose vestite di morbidi cotoni e cappelli di paglia, come sarebbe piaciuto a Tina Modotti. Pur necessaria, la svolta non sembra peró del tutto realizzarsi. La collezione è come sospesa in un limbo, per uscire dal quale è necessario un nuovo focus sul design, non solo sullo styling.

Chi invece continua a progredire è Erika Cavallini, che tra volumi esagerati, balze multicolori e tocchi di fetish trova un equilibrio tutto suo tra maschile e femminile, schiarendo la propria voce di autrice.

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