Negli anni Ottanta Jane Fonda si reinventava insegnante di fitness a suon di body colorati, fascette di spugna e scaldamuscoli, piantando il seme dello “star bene” nella cultura pop. I frutti di quel cambiamento li vediamo oggi più che mai: icone della musica che diventano designer (Beyoncé, per Top Shop) o direttrici creative di marchi sportivi (Rihanna, anima di Puma: la collezione Fenty ha sfilato a Parigi mercoledì ), collaborazioni cross-settoriali tra lusso e sport, fast fashion e sport, musica e sport.
I confini tra activewear, athleisure e abbigliamento sportivo reinterpretato per essere indossabile anche nel quotidiano sono quanto mai labili. Ma se il settore è indefinibile in termini di nome, le dinamiche che lo caratterizzano sono positive: secondo il report “Evolution of Athleisure” di Euromonitor International il mercato mondiale dell’abbigliamento ispirato allo sport toccherà i 16 miliardi di dollari entro il 2020, avendo registrato una crescita costante del 4% anno su anno.
Il business è sei volte più piccolo rispetto al giro d’affari dello sportswear nei soli Usa, un “gigante” da 97 miliardi di dollari nel 2015. Ma ha ampi margini di crescita: «La diffusione dell’abbigliamento sportivo nel quotidiano è legata ai trend del benessere e della salute - spiegano da Euromonitor International - e al fatto che il dress code sta diventando sempre più casual. La variabile è la moda: una fetta rilevante dei consumatori acquisterà capi sportivi puramente per il valore sartoriale. E poi in molti si sono già abituati alla comodità dei capi e alla funzionalità dei tessuti e non sono disposti a rinunciarvi».
Il fenomeno è globale: «Lungi dall’essere di interesse solo per la classe media occidentale - ha detto Scilla Huang Sun, gestore del fondo Julius Baer Multistock-Luxury Brands Fund di Gam - la domanda per il concept athleisure si è diffusa a livello globale. In Cina il governo sta divulgando campagne per praticare più sport in modo da fronteggiare problemi di salute legati alla dieta che sono molto diffusi».
La crescita della domanda ha già avuto effetti su più fronti: quello creativo, con collezioni di prêt-à-porter che prendono in prestito elementi dell’athleisure, e quello commerciale con le collezioni activewear e sportswear dei marchi, siano essi di fascia alta o big brand del fast fashion. Se infatti sulle passerelle milanesi si sono viste collezioni nettamente influenzate dall’activewear – da Versace,che ha fasciato le supermodelle in abiti dagli accenti sporty, ma anche da Max Mara – nelle vetrine delle insegne del fast fashion troneggiano le nuove collezioni athleisure: Calzedonia ha da poco lanciato la nuova collezione Fitness con cuciture piatte, materiali hi-tech;Mango, Tezenis e Oysho hanno rimpolpato le collezioni già esistenti; H&M ha voluto Caytlin Jenner volto della propria linea sportiva.
I big brand dello sport come Nike e Adidas, dal canto loro, hanno avviato un vero e proprio dialogo con la moda a suon di capsule e collezioni griffate. Lo stesso dialogo ha portato gli e-retailer a inaugurare sezioni dedicate alla vendita di prodotti sportivi: yoox.com, ad esempio, vanta un’area sport con oltre 70 brand specializzati.
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