Olivier Theyskens ha ormai trentanove anni. Ne sono passati quasi venti da quando esordì a Parigi, appena ventunenne e con il plauso immediato di tutto il sistema, il più giovane creatore a occupare uno slot ufficiale in calendario e anche il primo ex studente de La Cambre, prestigiosa scuola di moda di Bruxelles, a infiltrare la capitale indiscussa del fashion system con una visione fatta di romanticismo estremo e durezza belga. Arrivava con il sostegno aggiuntivo di Madonna, regina del pop all’epoca in fase dark lady, che ne indossò una creazione, drammatica alquanto, in uno dei suoi video. Oggi Theyskens è un giovane uomo, eppure qualcosa dell’enfant prodige gli è rimasto addosso: nello sguardo, acquoso e languido; nel viso angelico; nei modi gentili e poi, soprattutto, nel fermo desiderio di continuare a sognare pur riconoscendo che la moda deve in primo luogo corteggiare le donne vere, non limitarsi a fantasie virtuali. «Voglio mantenere una struttura piccola e flessibile, senza cedere alla tentazione del big business che mi farebbe perdere il controllo dei dettagli, e forse la libertà» racconta Theyskens in perfetto italiano a Moda24.
Con il Bel Paese, del resto, il designer ha da sempre un rapporto privilegiato. Fu un visionario agente italiano, Eo Bocci, a scoprirlo quando era ancora studente; è nelle fabbriche italiane, dove il lavoro d’atelier è divenuto processo industriale senza snaturarsi, che Theyskens produce tutto, da sempre. «Questa intera linea, e il disegno di stile che c’è dietro, non si sarebbero potuti realizzare senza il contributo delle vostre manifatture» spiega, scorrendo in rapida sequenza il rack sul quale è esposta la collezione PE 2017: 80 pezzi in tutto, dal tailleur affilato ma gentile alla blusa immacolata all’abito da gran sera.
Per Theyskens si tratta di un nuovo esordio, ancora a Parigi: questa è infatti la prima prova in oltre dieci anni a portare il suo nome sull’etichetta. «Non ho nemmeno dovute realizzare nuovi cartellini: me ne erano rimasti parecchi» scherza. Da quel fausto 1998, infatti, Theyskens ha accumulato esperienze nei ranghi alti del sistema, come direttore creativo delle storiche maison Rochas e Nina Ricci, per poi provarsi negli Usa con la fascia contemporary - un target oggi cruciale, per prezzo e pubblico - nel ruolo di direttore creativo di Theory.
Oggi, torna protagonista con la linea eponima, ma è tutto, insieme, uguale e diverso: all’opera è pure un ceo, Maximiliano Nicolelli. C’è il bagaglio del mestiere testato sul campo, in primo luogo, unito alla consapevolezza che lo scenario è per sempre cambiato e che c’è bisogno di abiti belli per davvero, oggi come non mai. Che poi è esattamente quanto Theyskens sa fare, con gusto sublime e attenzione assoluta, per gli interni dei capi persino più che per gli esterni. Il romanticismo è ancora lì, ma come asciugato. «Da qui riparto, lentamente» conclude. A sottolineare l’idea del foglio bianco su cui riscrivere la storia contribuisce lo spazio dello showroom: una galleria candida, dalla semplicità lirica e olimpica. Il luogo ideale per lasciare che l’enfant prodige si scateni, gentilmente.
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