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Identikit delle aziende nella moda: a conduzione familiare, piccole e…

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Identikit delle aziende nella moda: a conduzione familiare, piccole e storiche

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Quattro aziende su cinque, nella moda italiana, sono a controllo familiare. Sette su dieci sono guidate da un elemento della famiglia stessa. Un punto di forza, se si considera l’attaccamento al progetto aziendale nato e cresciuto all’interno di un nucleo da parte dei membri che lo compongono, ma anche di debolezza, se questo significa non sfruttare appieno le opportunità offerte dal mercato o gestire il business in modo limitato.

A delineare questo scenario è un report dell’Osservatorio Aub, nato dall’unione tra Aidaf, Unicredit e Università Bocconi, sulle imprese italiane con fatturato superiore ai 20 milioni di euro che operano nella produzione e commercializzazione di abbigliamento, borse e accessori, calzature, orologeria e gioielleria. Lo studio ha analizzato 746 imprese con un aggregato in grado di generare 52,6 miliardi di euro di fatturato e impiegare oltre 198mila addetti: il 78,4% di queste realtà – percentuale che sale all’82,6% nel caso delle aziende con ricavi tra i 20 e i 50 milioni – è controllato da una o due famiglie proprietarie, contro una media nazionale del 65,1%.

Le aziende familiari della moda made in Italy sono per lo più di piccola dimensione – il 40% ha un fatturato compreso tra 20 e 30 milioni di euro, al quale si somma un altro 26,3% di aziende con ricavi sotto i 50 milioni di euro – e operano principalmente nel settore abbigliamento (70,4%) e calzature (17%). Soprattutto, sono imprese con almeno due decenni di storia alle spalle – sei realtà su dieci, infatti, sono state fondate oltre 25 anni fa – e un legame fortissimo con il territorio di appartenenza: Lombardia (27,3%), Veneto (23,4%) e Toscana (13,1%).

Tracciata la carta d’identità dei player di un settore chiave per l’economia italiana, si possono analizzare le sfide che queste realtà sono chiamate ad affrontare. Il primo nodo è la leadership: «Quella familiare – conferma Guido Corbetta, titolare della cattedra AIdAF - EY di Strategia delle aziende familiari presso la Sda Bocconi e autore dello studio – ha un impatto positivo sull’andamento dell’azienda perché la famiglia è portatrice dell’idea imprenditoriale». Una componente «creativa e intangibile», recita il report, che rappresenta le fondamenta stesse dell'azienda.

Tra le aziende del sistema moda italiano riscuote successo il modello di leadership collegiale: quattro aziende di piccole dimensioni su dieci sono guidate da un team di ad mentre il 67,2% delle realtà oltre i 50 milioni di ricavi ha un ad singolo o plurimo. Una soluzione rischiosa, che ha effetti positivi solo nel caso in cui il coordinamento tra le parti sia eccellente: la convivenza di membri di una stessa famiglia al vertice dell’azienda, per esempio, aumenta le criticità.

Un altro tema caro alle aziende della moda made in Italy è quello relativo al passaggio generazionale: l’incidenza dei leader ultrasettantenni nelle imprese del fashion system (15,4%) è inferiore rispetto alla media nazionale (23,7%), ma i giovani performano meglio se inseriti in un contesto, appunto, collegiale.

Il compito dei nuovi leader è quello di sviluppare il business: «Le realtà sotto i 50 milioni dovrebbero concentrarsi sull’opportunità di diventare specialisti o fornitori dei grandi gruppi, mentre gli over 50 devono internazionalizzarsi e ingrandirsi, approcciando nuovi mercati e facendo acquisizioni», chiosa Corbetta.

Una pratica, quest’ultima, poco diffusa nel sistema moda: solo il 16,3% delle realtà del settore ha effettuato una operazione di acquisizione tra il 2000 e il 2014, percentuale che scende al 12,4% quando si parla di aziende familiari. Maggiore, invece, l’orientamento verso i mercati stranieri: il 37,4% delle aziende analizzate dall’Osservatorio ha realizzato almeno un investimento diretto all’estero contro il 28% della media nazionale.

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