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Moda-lusso made in Italy verso 84 miliardi, aziende alla sfida digitale

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convegno panbianco

Moda-lusso made in Italy verso 84 miliardi, aziende alla sfida digitale

«Una volta si potevano mettere a punto piani triennali, tentare previsioni o addirittura darsi obiettivi a dieci anni. Oggi è difficile persino avere un orizzonte di tre mesi. Navighiamo tutti a vista. Anzi, corriamo a vista e nessuno può permettersi di rallentare. Il tempo è un lusso che le aziende del lusso non possono concedersi e occorre rivedere giornalmente tutto, dal marketing alla comunicazione, passando per la logistica». Le parole di Marco Bizzarri, ceo di Gucci da poco meno di due anni, riassumono il significato del convegno che si è svolto ieri a Palazzo Mezzanotte, sede della Borsa e intitolato «Innovazione e velocità. Le rivoluzioni in atto nell’industria della moda e del lusso», 21esima edizione dell’annuale Fashion&Luxury Summit organizzato da Pambianco Strategie di Impresa. Ma la storia del turn-around di Gucci orchestrato da Bizzarri dimostra che crescere in tempi di incertezza è comunque possibile: nel terzo trimestre le vendite sono salite del 17,8%, trainando i conti dell'intero gruppo Kering a 3,18 miliardi (+10% rispetto al terzo trimestre 2015). È un quadro coerente ma complesso quello composto dai dati presentati da David Pambianco (si vedano anche i grafici qui accanto), dagli studi di Deutsche Bank, EY e Premier Tax Free e, last but not least, dagli interventi dei molto ospiti. Le aziende hanno bisogno di essere reattive, flessibili, veloci e considerare l’incertezza la “nuova normalità”. Un po’ come gazzelle nella savana che appena sveglie devono iniziare a correre, persino quando non c’è un leone a inseguirle.

«I primi nove mesi sono andati molto bene i ricavi sono cresciuti a due cifre a quasi 640 milioni e di ottobre non possiamo lamentarci, anche grazie all’abbassarsi delle temperature – ha spiegato Remo Ruffini di Moncler –. Ma di doman non v’è certezza, come direbbe il poeta. L’elenco delle incognite economiche, geopolitiche, finanziarie e sociali, nel senso più ampio del termine, è lunghissimo. L’unica cosa manager e imprenditori possono fare è prestare la massima attenzione a ogni segnale e continuare a investire sul prodotto e sulla conoscenza del consumatore, diversificando su più mercati possibili».

Della necessità di accettare l’incertezza – e di farla accettare a investitori esterni – hanno parlato pure Carlo Mammola, amministratore delegato del Fondo italiano d’investimento, e Alessandro Varisco, amministratore delegato di TwinSet, scelto dal fondo Carlyle per far compiere al marchio di abbigliamento disegnato da Simona Barbieri un salto dimensionale. «I cambiamenti più importanti degli ultimi anni hanno riguardato la divisione tra retail e wholesale, adesso occorre abbracciare la multicanalità e bisogna comunicare con i Millennials – ha detto Varisco –. I nati dopo il 1980 amano lo storytelling ma non si fanno ingannare e hanno molto da insegnare alle aziende e a noi delle precedenti generazioni sul valore della condivisione».

Tutti d’accordo, comunque, sull’importanza del settore per l’economia italiana e sulle sue potenzialità: «Il fatturato 2016 del comparto italiano moda-accessori-gioielli sarà di 83,6 miliardi di euro, in crescita dell’1,4% – ha ricordato Carlo Capasa, presidente della Camera della moda –. Nel 2013 la cifra era di 74,4 miliardi: quale settore dell’economia italiana può vantare crescite simili? Certo, c’è stato un rallentamento, ma l'Italia resta il primo Paese in Europa per valore lordo della produzione di moda, con il 41% del totale, seguita da Germania (11%), Spagna (10%), Francia (8%) e Regno Unito (7%). E Milano batte tutte le altre capitali della moda per numero di sfilate ed eventi durante le fashion week». Cautamente ottimista anche Claudio Marenzi, presidente di Sistema moda Italia, che ha però sottolineato come il dato complessivo della filiera del tessile-moda (52 degli 83,6 miliardi citati da Capasa) sia in crescita dell’1,8% nel 2016 «ma nasconda forti differenze tra le aziende del valle (i marchi) e del monte, che devono essere aiutate ad abbracciare la rivoluzione digitale e le incognite globali».Raffaele Jerusalmi, amministratore delegato di Borsa Italiana, ha ricordato il crescente ruolo della finanza nello sviluppo delle aziende italiane: «Oggi le imprese del settore quotate a Piazza Affari sono 24, per una capitalizzazione di circa 60 miliardi. Poi c’è il progetto Elite di accompagnamento all’Ipo, che coinvolge altre 23 aziende della moda e del design, tra i comparti più vibranti e che attirano più interesse da investitori stranieri».

Multicanalità, conoscenza del consumatore e digitalizzazione sono tra le sfide di cui ha parlato Michele Norsa, che da ceo accompagnò Salvatore Ferragamo alla quotazione e ora è consulente e board member di diversi gruppi internazionalei della moda.

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