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Pitti celebra (e spinge) il record dell’export di moda uomo

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Pitti celebra (e spinge) il record dell’export di moda uomo

Pitti celebra (e spinge) il record dell’export di moda uomo
Pitti celebra (e spinge) il record dell’export di moda uomo

Anche la soglia del 65% di export è stata superata. L’industria italiana della moda maschile frantuma un altro record, quello del peso delle vendite estere sul fatturato (che nell’ultimo lustro è cresciuto di oltre sei punti percentuali), e diventa sempre più internazionale. Merito delle aziende tricolori che - spesso obbligate dalla crisi del mercato interno - hanno “imparato” a esportare, ad allargare i mercati, ad aprire negozi oltreconfine, a girare senza timore il mappamondo. E merito anche di fiere-evento come Pitti Uomo, che le hanno aiutate a farlo inventando una strada che si arricchisce ogni sei mesi.

Una strada che, sempre più, coltiva affari e incontri-business dentro la sede della Fortezza da Basso di Firenze (dove 1.240 marchi espongono le nuove collezioni), e li farcisce con presentazioni, sfilate, mostre, performance, aperture di negozi, musica live, sparsi in città in location suggestive e inusuali.

Anche se Pitti Uomo rimane lontano dai numeri-monstre del Salone del Mobile di Milano (300mila visitatori lì, 30mila qui), la leadership mondiale e l’appeal nei confronti degli operatori sono gli stessi. Questa edizione del salone - la numero 94 che ha come tema-guida l’optical – vede la collezione maschile di Roberto Cavalli sfilare in un monastero, quella del londinese Craig Green “sbocciare” nel Giardino di Boboli, l’etichetta indipendente dello stilista giapponese Fumito Ganryu prendere forma in una galleria d’arte. E poi gli eventi targati Federico Curradi, il coreano Mcm, Cos, Moncler, Birkenstock, il marchio giapponese Bed j.w. Fordm, Pucci con i manichini Bonaveri, Gucci che apre due nuove sale del museo in piazza della Signoria. Non mancano i “compleanni” che le aziende vengono a festeggiare al Pitti, da Herno (70 anni di vita) a Lardini (40 anni), da Carlo Pignatelli (50 anni) a Pepe Jeans (45 anni). Così come la presenza di buyer internazionali e stampa è l’occasione per inaugurare negozi dei grandi marchi: da Giorgio Armani a Ermanno Scervino, fino alle borse Bianchi e Nardi, tutti posizionati nel cuore di Firenze.

Ma i quattro-giorni del Pitti Uomo serviranno anche a testare gli umori del mercato. Nei primi mesi del 2018 l’export della moda maschile italiana – 6 miliardi nel 2017 (+5,2%) su 9,3 miliardi di fatturato del comparto (+3,4%) secondo gli ultimi dati di Confindustria Moda – ha continuato a crescere (+2,6% in gennaio-febbraio), sostenuto dalla maglieria e dalla confezione. Freno ancora tirato invece per l’abbigliamento in pelle, le camicie e, soprattutto, le cravatte. Tra i Paesi di sbocco continua a correre la Germania, diventata il primo cliente estero della moda maschile italiana con 662 milioni di euro di acquisti 2017, in crescita del 10,1%, seguita dal Regno Unito (+8,3% a 639 milioni). Anche perché gli Stati Uniti – storico, prestigioso e importante Paese di sbocco - continuano la cura dimagrante: negli ultimi due anni hanno ridotto gli acquisti di abbigliamento maschile dall’Italia di 100 milioni di euro. Tra i Paesi di sbocco in forte crescita ci sono la Cina (+18,3% a 238 milioni), la Russia (+19,6% a 175 milioni) e la Corea (+13,8% a 141 milioni).

Il record dell’export della moda maschile va a braccetto con quello del saldo commerciale, salito sopra i due miliardi (2.123 milioni nel 2017 contro 1.787 milioni del 2016). Sul mercato interno, invece, i consumi delle famiglie non riescono ancora a invertire la tendenza negativa: il 2017 si chiude con -1,5%, dunque ancora in flessione dopo anni di segni negativi, anche se il ritmo di caduta rallenta. Di consolante c’è il fatto che la produzione fatta in Italia, al netto della commercializzazione di prodotti importati, torna finalmente a crescere: +1,7% quella stimata da Confindustria Moda nel 2017 a 4.736 milioni, a conferma della ritrovata attenzione al made in Italy.

Per la seconda parte dell’anno, l’indagine a campione fatta da Confindustria Moda prevede che proseguirà il trend in atto (è la risposta dell’83% delle aziende), mentre gli ordini raccolti nel primo trimestre, sia italiani che esteri, risultano in aumento.

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