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Tuum, la storia di un percorso spirituale diventato gioielli (e un’azienda che cresce nel mondo)

Ci sono aziende che solo dopo molti anni di vita, e a volte spinte dal marketing, scelgono di dotarsi di una “carta etica”. E ci sono aziende che da una carta etica prendono vita. «L’impresa deve essere il luogo dove l’uomo realizza se stesso ed il bene degli altri uomini, ma solo se il suo operato si ispira ai principi della condivisione, della solidarietà, del bello, del rispetto delle regole e dell’ambiente circostante, sia esso sociale o solo geografico, e di respingere ciò che è più conveniente o più redditizio se questo poi entra in rotta di collisione con quei principi». Così si legge nella Carta dei Valori di Tuum, azienda di gioielli con sede a San Giustino, in provincia di Perugia, nata a luglio 2009 «da un percorso spirituale», come lo definisce uno dei suoi fondatori, Michele Alberti. Che ha ha anche scritto quelle parole.

Quarantotto anni, modi cortesi e pacati, Alberti appartiene a quella tipologia di imprenditore che ama spiegare più che vendere. Lo incontriamo nel nuovo negozio di Tuum aperto a Roma in via Borgognona 7, uno spazio intimo e arioso insieme, essenziale ma non scarno: con esso l’azienda celebra i suoi primi dieci anni di vita, anni in cui si è distinta e fatta conoscere per i suoi gioielli “spirituali”, anelli, bracciali, collane, fedi che recano incise preghiere cristiane come il Padre Nostro e l’Ave Maria, oppure elencano i Sette Doni dello Spirito Santo.

Da sinistra, Michele Alberti e Simone Finocchi, fondatori di Tuum

Intensi “statement” in un’epoca in cui la presenza di un crocifisso in un ufficio pubblico genera contestazioni e la religione è sempre più fatto privato, a fronte di un aumento del numero di italiani che non entrano mai in chiesa dal 16% del 2001 al 22% del 2016, secondo l’Istat. «I nostri sono gioielli che parlano di spiritualità, non necessariamente di una religione specifica. Esprimono un’esigenza che ci appartiene, la ricerca, il senso del sacro», spiega Alberti. Nel 2009 lui era un imprenditore nella comunicazione e il suo socio, Simone Finocchi, un ingegnere meccanico: «Eravamo in vacanza a Loreto, insieme anche a un altro amico, un orafo – racconta –. La crisi era all’inizio e stava colpendo anche le vendite di preziosi. Riflettevamo sul fatto che nel mondo della gioielleria molti grandi marchi preferivano far predominare i loro nomi sulle loro creazioni, in modo quasi egocentrico. E allora abbiamo pensato: perché non fare gioielli che invece parlino di ognuno, esprimendo anche la sua interiorità?».

Lavorazione di un anello Origine

Ecco perché Tuum nasce e segue un percorso personale, quello dei suoi fondatori, riuscendo a intercettare nello stesso tempo quello di molti altri, oltre barriere geografiche e linguistiche. Per questo si scelse di incidere sugli anelli, la prima collezione si chiama Origine, le preghiere in latino: «Avevamo fatto delle prove in ben sette lingue, ma alla fine abbiamo scelto il latino, che è una lingua universale e quella della nostra storia», prosegue Alberti.

Questo senso del passato inteso come origine è espresso da un'estetica austera e preziosa insieme, a tratti medievale, che ricorda le incisioni sulla pietra delle cattedrali e gli incipit dei libri miniati: «I nostri gioielli sono realizzati con la tecnica della cera persa, dunque sono fatti a mano, frutto del lavoro delle persone e non delle macchine – prosegue Alberti –: hanno dunque delle minime imperfezioni, invisibili a occhio nudo, che rendono unico ogni oggetto». Nella scelta delle lettere capitali che spiccano sui gioielli, la P di Pater e la M di Maria, ma anche di Mater, si inserisce anche il Flor, una piccola, discreta croce fiorita, «che parla di vita, di rinascita, più che di morte».

In dieci anni le collezioni sono arrivate a 30, arricchendosi nella varietà dei metalli e di diamanti. L’ultima nata è quella dell’anello 7, lanciata a settembre, che si accosta anche a penne e a braccialetti (anche solidali, a sostegno della comunità Exodus di don Mazzi e di Nuovi Orizzonti di Chiara Amirante, con pelle e tessuto), oltre a gioielli preziosi come le collane-rosario, in edizione limitata per lo store di Roma. Di tutto ciò il concept nasce in Umbria e la realizzazione prosegue nel distretto di Valenza.

Alcune collezioni

In dieci anni Tuum non ha solo moltiplicato le sue creazioni: con un fatturato di circa 3 milioni di euro, con l’apertura di Roma ha dato il via alla sua espansione retail, iniziata nel 2017 con il monomarca di Assisi lungo via San Francesco, a 200 metri dall’ingresso alla basilica superiore. È presente in 500 gioiellerie multibrand in Italia, di cui 40 hanno un’area “emozionale”, in cui il marchio si racconta attraverso personale formato per condividere al meglio i valori dell'azienda. Per i suoi collaboratori Tuum organizza anche dei percorsi chiamati “Academia”, che comprendono delle intere giornate da passare insieme, anche passeggiando insieme fra i vicoli dei borghi dell'Umbria.
Altri 500 punti vendita sono all'estero, in Spagna con El Corte Inglés, ma anche in Texas e Florida. Dopo Europa e Stati Uniti, poco prima di Natale Tuum è sbarcata anche in Centro America, con il primo store, su modello di Assisi, a Tlaxcala, in Messico.

«Vogliamo crescere, certo. E non nego che alcuni investitori si siano fatti avanti – rivela Alberti –, ma a noi interessa farlo portando avanti coerentemente il nostro messaggio e i nostri valori. Anche la scelta di via Borgognona, una strada che ha un’anima diversa da via Condotti o via del Babuino, è stata fatta in questo senso». Non c’è però nessuna apologia del passato in Tuum, che anzi dimostra di essere un’azienda con una intensa carica innovativa, a partire dai suoi convinti investimenti nei social – la figlia di Alberti ha aperto la pagina Facebook di Tuum nel 2010 e ora ha 322mila fan – e a quelli nell’e-commerce, che sta crescendo velocemente.

Lo store di Roma

«Ora pensiamo ai prossimi 10 anni: Tuum andrà oltre l’indossato e stiamo lanciando un progetto legato all'olio di oliva, un altro prodotto che parla di Umbria, di sacralità, di saperi antichi. Si tratta di un olio umbro contenuto in bottiglie di design, che distribuiremo nei ristoranti e ai nostri clienti più affezionati. Lo promuoveremo anche lanciando un contest su Facebook». Le estensioni, però, potrebbero non finire qui. Come la lista delle città, e delle mani, dove Tuum vuole arrivare.

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