Renzo Rosso, classe 1955, è uno degli imprenditori che hanno portato il nostro Paese – con i suoi punti di forza e con le sue debolezze – nella globalizzazione. E lo ha fatto con tre caratteristiche.
La prima – coerente con la cultura industriale dell’Italia e della terra da cui proviene, il Nordest – è l’innovazione di prodotto: al di là dei recenti inciampi del suo percorso – per esempio le difficoltà sul mercato nordamericano, che hanno poche settimane fa portato alla richiesta volontaria di fallimento di Diesel Usa Inc. – la sua traiettoria creativa, industriale e commerciale è segnata dal denim trattato e dal vintage. Una traiettoria che, da zero, ha portato a un gruppo che nel 2017 ha consolidato ricavi con OTB Group per 1,5 miliardi di euro. Questo livello di fatturato è stato ottenuto puntando su una pluralità di marchi che, anche con la crescita esterna, ha permesso di compensare la parabola del brand da cui tutto ha avuto origine: Diesel ha avuto una vita fulminante soprattutto negli anni Ottanta e Novanta, per poi perdere gradualmente slancio.
La seconda caratteristica – questa meno coerente con la sua terra di origine, il Nordest, che ha avuto una forza di rottura non irrilevante negli equilibri di potere nazionali – è la capacità di farsi accettare dall’Italia del Novecento, che ne ha sempre apprezzato la forza imprenditoriale, ma che non lo ha mai percepito – cosa invece accaduta con altri – come uno dei nouveaux entrepreneurs dal potenziale sovversivo: in questo, ha un significato chiaro il rapporto avuto con Enrico Cuccia che periodicamente lo riceveva in Mediobanca non solo per la simpatia umana, ma pure per farsi raccontare i nuovi fenomeni economici e industriali.
La terza caratteristica è l’avere vissuto, sperimentato e cavalcato l’ultima globalizzazione in tutti i suoi aspetti. Dal punto di vista industriale e, anche, dal punto di vista mediatico e dell’estetica pubblica: negli anni Novanta Renzo Rosso è diventato un protagonista del jet set fra economia e star system che, da Miami a Londra, da Milano a New York ha segnato l'immaginario di un decennio. Anche se poi l’evoluzione della globalizzazione ne ha frenato la corsa: negli anni Duemila il fenomeno della bipolarizzazione del mercato della moda – con da una parte i giganteschi gruppi francesi del lusso come Lvmh e Kering finanziarizzati e dotati di macchine di marketing portentose e dall’altra nuove realtà internazionali della qualità a basso costo come Inditex – ha messo un poco fuori asse la strategia di Renzo Rosso da Brugine, Bassa Padovana.
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