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LIFESTYLE

Un’alberata e il suo spumante, quel «grande, piccolo vino» salvato dagli uomini ragno

Vengono soprannominati “uomini ragno”. Si arrampicano fino a 15 metri di altezza per lavorare ai tralci, su strette e lunghe scale di legno, rigorosamente personalizzate perché i pioli siano alla distanza giusta per la presa della gamba. Sono vignaioli esperti e spericolati, gli unici capaci di potare e vendemmiare l’Asprinio, l’uva autoctona della pianura Aversana che da tempi antichi è coltivata ad alberata, un metodo tradizionale del Casertano in via di estinzione. L’alberata indica un sistema di viti a piede franco “maritate” ad alberi, solitamente di pioppo o, più raramente, di olmo. I tutori delle viti, in questo caso, sono gli alberi, che si lasciano sviluppare in altezza. Le viti spingono i tralci a diversi metri dal suolo e, attraverso corde tese di ferro zincato, ricoprono come un muro di rami, foglie e grappoli la distanza che le separa dagli alberi a cui sono maritate.

Non sono molte le cantine che ancora mantengono in vita questi monumenti storici naturali e valorizzano l’Asprinio di Aversa, il «grande, piccolo vino» descritto da Mario Soldati. Meritevoli le Cantine Bonaparte, che dalle vigne di Casal Principe producono delle eccellenti versioni spumantizzate. L’Extra Dry Corte d’Asprinia è un vino dai profumi di mela, fresco e dinamico in bocca, con una bella spinta acida: nasce dalle uve vendemmiate per prime e il mosto fiore viene fatto fermentare in autoclave a bassa temperatura per 90 giorni. Il Brut Corte d’Asprinia è prodotto invece da uve vendemmiate a distanza di dieci giorni, così da ottenere un vino più maturo e strutturato.

Di sicura personalità anche le grappe di quest’azienda casertana, distillate lentamente per mantenere le caratteristiche organolettiche dei vitigni: profonda ed elegante Carolina, invecchiata 8 anni in barrique di rovere francese; morbida e aromatica Murat, affinata in acciaio, ideale da degustare a fine pasto.

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