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Giorgio Armani, minimalismo e rigore in perfetto stile jappo

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LUSSO A TOKYO

Giorgio Armani, minimalismo e rigore in perfetto stile jappo

Il maggio del 2019 passerà agli annali come l’acme del fenomeno destination show, le sfilate sensazionali in location esotiche realizzate senza lesinare sui mezzi. Si è registrato il picco massimo, oltre il quale potrà solo esserci un radicale ripensamento di questa modalità operativa ad alto impatto mediatico.

Il popolo della moda, preso in un vortice inarrestabile di viaggi, è ormai affetto da un senso di vertigine, perché al dispendio di mezzi scenici, e turistici, non sempre corrisponde un’offerta commerciale all’altezza. «Detesto il malinteso che per far vedere una cruise (o resort: il fashion system non ha ancora prodotto un accordo lessicale univoco sull’argomento, ndr) ovvero una collezione di prodotto, ci voglia per forza uno show sensazionale» dice a proposito Giorgio Armani, mettendo subito in chiaro la propria posizione: «Sarei venuto in Giappone comunque per la riapertura di Ginza Tower. Il tempismo perfetto mi ha suggerito di aggiungere la sfilata». Siamo a Tokyo, dunque.

Re Giorgio, per la prima volta, presenta la precollezione, donna e uomo, in passerella, ma non lo fa a Milano, bensì negli spazi – austeri, naturalmente, e vagamente neoclassici – del Tokyo National Museum. Parrebbe un destination show, e invece così non è. Verosimilmente è un una tantum: Armani non è interessato a seguire il “così fan tutti”. Come che sia, mancano la fanfara distraente, il fumo negli occhi, le trovate che deviano l’attenzione dagli abiti al contesto.

Un vero detox. Armani è pragmatico, ma sempre caldo, appassionato, e per questo autentico: un carattere che, unito a un senso estetico morbido e sensuale, lo fa molto amare dal pubblico. Il pubblico giapponese, in particolare, lo venera. «Mi trovo a Tokyo per preparare tutto ormai quasi da una settimana – racconta – e sono stato molto toccato dalla gente: un giovane uomo mi ha chiesto l’autografo tremando e poi mi ha abbracciato scoppiando in lacrime; i ragazzini delle scuole mi trattano come una celebrità. C’è una affinità di sentire molto forte tra me e il Giappone, cui mi sono ispirato molte volte nel corso della mia carriera. Questo paese ha creato meraviglie sulla semplicità; è pervaso da una grazia e da un rigore che mi affascinano».

La stessa grazia e rigore che fanno di Armani un minimalista sui generis e che si ritrovano negli spazi appena rinnovati di Ginza Tower, il grattacielo che dipana per otto piani l’interezza del lifestyle Armani, dagli arredi agli abiti al ristorante, reso particolarmente leggero dalla scelta di marmi dalle nuance delicate, e dalle finiture evanescenti. La stessa grazia, insieme ferma e delicata, che caratterizza gli abiti di Armani, capaci di ingentilire e dare presenza, agli uomini come alle donne.

«Nella collezione non c’è niente di immediatamente giapponese – specifica lo stilista, sfatando l’altro luogo comune dei destination show: la pedissequa ovvietà, l’effetto tema-svolgimento –. Però è una collezione che alle giapponesi starà benissimo». Sono giapponesi molte delle modelle e dei modelli: interpreti perfetti di un armanismo insieme inatteso e da manuale. Re Giorgio è al meglio quando lavora sulla concretezza, immemore della pressione a creare qualcosa di stravagante perché lo esige la passerella.

La sfilata è un concentrato potente di sofisticata semplicità, dalle mantelle ai tailleur pantaloni alle esplosioni serali di rosso, per non parlare della nonchalance dei capi maschili. Un’ode ad uno stile che si rinnova rimanendo sempre uguale.

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