Nicolas Bargi lo aveva anticipato un anno fa al Luxury Summit del Sole 24 Ore: il marchio di capispalla al 100% animal free Save the Duck – nato da un’idea imprenditoriale dello stesso Bargi e cresciuto fino ad attrarre l’interesse del private equity – stava lavorando a un progetto molto ambizioso: creare capi in grado di garantire lo stesso grado di protezione e isolamento della piuma per l’impresa alpinistica più rischiosa in assoluto, la scalata dell’Everest. Bargi aveva spiegato che il progetto era stato sposato da un grande alpinista, l’indiano Kuntal Joisher, noto per essere anche vegano e quindi in perfetta sintonia “emotiva” con la filosofia di Save the Duck.
La serietà del progetto e dell’impegno spicca nei giorni in cui si scopre che il Nepal, Paese nel quale si trova l’Everest, concede secondo molti troppi permessi per la scalata (al costo di oltre 10mila euro a persona), trascurando gli aspetti di sicurezza. Nell’ultima settimana sono morti due scalatori inglesi per le conseguenze delle condizioni climatiche (sopra gli 8mila l’homo sapiens non può contare solo sui suoi polmoni, specie se non allenati, per respirare). Non si tratta solo di sicurezza: le foto delle persone in fila a oltre 8mila metri che hanno fatto il giro del mondo in questi giorni sembrano scattate durante un’escursione amatoriale di quelle che si fanno nel week end sulle nostre Alpi, a quote ben diverse da quelle dell’Everest. L’impatto sulla montagna e il suo ecosistema, oltre che sulla salute degli ascoltatori, è tutto da verificare. Il Nepal si è impegnato a rivedere le regole sul rilascio dei permessi, senza però annunciare, per ora, alcuna stretta.
In vetta il 23 maggio
Ma torniamo all’alpinismo serio e responsabile e sostenibile. Conquistando l’Everest, la vetta più alta al mondo (8.848 metri),
Save the Duck ha segnato un record nella storia dell'abbigliamento tecnico-sportivo: mai un capospalla senza l'imbottitura
in piuma d'oca era arrivato così in alto. Il record precedente di altitudine raggiunta è di un anno fa, quando Kuntal Joisher
aveva scalato il monte Lhotse, situato sempre in Nepal (8.516 metri), quarta montagna più alta del mondo, composta da tre
vette e collegata direttamente all'Everest tramite il Colle Sud.
Il sodalizio tra Joisher e Save the Duck
E’ stato lo stesso Joisher a chiedere a Save The Duck di realizzare per lui una tuta in linea con le sue convinzioni etiche.
«Non siamo stati i primi a essere contattati – ha spiegato Bargi–. Ma siamo stati gli unici ad accettare la sfida. progettando
ex novo un prodotto all'epoca inesistente. E l'abbiamo fatto da outsider. Perché Save The Duck è sinonimo di sportswear. Non
di abbigliamento specialistico da alta montagna. Eppure…». Il team di ricerca di Save The Duck è partito dall’innovativa tecnologia
PLUMTECH®, un'ovatta tecnica termoisolante, in grado di ricreare la sofficità della vera piuma, conservando i vantaggi dell'imbottitura
termica e in grado di riparare anche dalle intemperie più estreme.
L’emozione di Joisher
La spedizione dell’alpinista e del suo sherpa Mingma Tenzi si è conclusa all'alba del 23 maggio, dopo un mese esatto di scalata
del versante Nord. «È stata una delle spedizioni più difficili della mia vita ma sono davvero felice di averla portata a termine
anche perché è la prima impresa totalmente animal free della storia dell'alpinismo», ha detto Joisher.
La storia (breve ma intensa) di Save the Duck
Save The Duck è stato lanciato nel 2011 da Nicolas Bargi con l'obiettivo di realizzare capi privi di piume, pellami, pellicce
e in generale materiali/tessuti di derivazione animale, oggi è in mano per il 65% delle quote societarie a Progressio Sgr
attraverso il fondo Progressio Investimenti III e cresce a doppia cifra anno su anno. Con una marginalità superiore al 20%.
Sostenibilità e redditività
Per l'esattezza: il marchio della «papera che fischietta» ha archiviato il 2018 con ricavi a quota 33 milioni e un ebitda
del 24% a 8 milioni di euro e per il 2019 punta a raggiungere i 40 milioni. «Al momento Save The Duck, con una quota export
che ha raggiunto il 50% delle vendite, è già presente in 30 Paesi, primo mercato Stati Uniti a seguire Germania, l'area Benelux
e tutta la Scandinavia, attraverso un network selezionato di negozi wholesale e nei maggiori department store – sottolinea
il fondatore –. A settembre 2018, nel cuore di Milano, abbiamo inoltre inaugurato il primo negozio monomarca a insegna Save
The Duck. E non è stato che il primo passo. Il focus nel medio termine è sulle principali destinazioni fashion del mondo».
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