FIRENZE - Se il mercato della moda ristagna – il 2019 potrebbe chiudersi addirittura col segno meno – l’unica possibilità che hanno le aziende per crescere è sottrarre quote di mercato ad altri. In che modo? Innovando l’offerta sul fronte stilistico e, come accade sempre più spesso, su quello dei materiali e dei trattamenti realizzati lungo l’intera filiera italiana.
Le conferme di questa scelta vengono dagli stand di Pitti Uomo, il più importante salone al mondo della moda maschile, in corso alla Fortezza da Basso di Firenze, sotto un sole cocente, fino a domani, con 1.220 marchi per il 45% esteri, che presentano le collezioni per la primavera-estate 2020. La ricerca sui materiali è ormai diventata un fattore strategico, da curare al pari della distribuzione e della logistica.
Non solo per i marchi tecnici o per quelli votati alla sperimentazione e all’innovazione fin dalla nascita, come il giovane brand toscano di capispalla Ahirain, nato nel 2016: «Sperimentiamo insieme ai nostri fornitori, lavorare sulla ricerca è fondamentale», spiega Andrea Pucci, che ha creato il marchio con Azzurra e Giampaolo Morelli. Girando nello stand, Pucci mostra giubbotti in cotone tecnico ai quali è applicata una membrana impermeabile e antivento dipinta a mano con lo spray colorato che crea un effetto camouflage; oppure giubbotti 100% nylon spalmati con un film prima di essere tinti per acquistare lucentezza e tridimensionalità; o ancora, tessuti jacquard di poliestere traspiranti.
Ma l’innovazione diretta a stimolare il mercato vale anche per marchi formali come Lardini (si veda l’articolo in pagina), che ha realizzato giacche in cotone e poliammide fatte su un telaio tubolare un tempo usato per le calze.
Il filone forse più battuto, in questo momento di disorientamento distributivo e geografico, guarda alla salvaguardia dell’ambiente e all’utilizzo di materiali riciclati, in particolare bottiglie di plastica e magliette, per realizzare tessuti e accessori.
Herno, altro marchio storico, ha lanciato addirittura una nuova etichetta, Globe, che identificherà i progetti ecosostenibili dell’azienda: per adesso si tratta di quattro capi del guardaroba maschile – un gilet, un parka, una giacca militare e un bomber con cappuccio – realizzati con tessuto composto per l’84% da nylon riciclato, così come zip e bottoni. L’imbottitura è fatta di piume riciclate e persino le tinture sono a basso impatto perché prevedono il 50% di componenti di origine vegetale (buccia di cipolla, uva, carbone di bamboo, olive, foglie d’indaco).
«La sostenibilità è un processo di trasformazione imprescindibile anche per la filiera della moda – spiega Claudio Marenzi, proprietario di Herno e presidente di Pitti Immagine e di Confindustria Moda – ed è un’occasione di accrescimento culturale e di formazione. Ma è anche una scelta consapevole, la stessa che a livello globale sta determinando il declino del fast fashion a favore di una modalità di acquisto ponderata, di qualità».
In quest’ottica il marchio di origini americane Blauer, in licenza alla veneta Fgf, ha realizzato un piumino riciclato al 100%: dal nylon all’imbottitura in ovatta, tutto è fatto con materiali di riuso ed è certificato Repreve.
Stessa certificazione – ormai utilizzata da tanti grandi marchi della moda – anche per il marchio americano Teva in licenza alla fiorentina Artcrafts International: tutte le tomaie dei sandali da trekking sono in materiale derivato da bottiglie di plastica riciclate. Riutilizza le t-shirt usate, invece, il gruppo giapponese Kurabo, che ha ricavato così un denim usato dal marchio fiorentino Roy Roger’s per realizzare jeans cinque tasche a forte tasso di sostenibilità. Mini-collezione uomo e donna interamente realizzata con materiali riciclati anche per North Sails, che dalla primavera-estate 2020 sarà partner ufficiale per l’abbigliamento della 36esima America’s Cup di vela.
Sempre sul fronte innovazione, il lanificio biellese Fratelli Cerruti 1881 ha presentato a Pitti Uomo il tessuto iTravel, in fibre season-proof e antipiega particolarmente adatto per chi viaggia, mentre la toscana Incom, licenziataria del marchio americano di sportswear e casualwear Us Polo Assn, sta lavorando a un assemblaggio di materiali destinato a imprimere caratteristiche uniche ai capi: «I materiali sono importanti – spiega il titolare di Incom Lorenzo Nencini – ma in questa fase di mercato così complicata, nell’abbigliamento vince il mix tra brand affidabile, prodotto, servizio e prezzo: se sbagli di cinque euro il capo resta lì».
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