Sostenibilità è un termine così abusato, nella moda, da aver perso ogni peso e significato. Il più delle volte, sentendolo,
si ha l'impressione che si parli del trend del momento, o peggio ancora della nuova strategia di storytelling - imbattibile
ma farlocca.
Non potrebbe essere diversamente: con il suo ciclo produttivo a getto continuo, e l'esigenza indotta di acquisto a ripetizione
causa repentina obsolescenza estetica, la moda di sostenibile ha ben poco, come industria e come mentalità. A meno di puntare
sul riuso dell'esistente, sulla trasformazione dello scarto in possibilità.
Oggi lo si chiama upcycling, e consiste nel riconfigurare abiti e stoffe che già esistono dando una nuova forma e quindi una
nuove vita - Martin Margiela illo tempore ha fatto scuola. Forte della sapienza manifatturiera e tessile di Zegna, il direttore
creativo Alessandro Sartori porta l'idea ad un nuovo livello di espressione, insieme più alto, per qualità del segno, più
profondo, perchè calato nelle fibre e nella materia, e più innovativo, perché basato su una sintesi ferrea di mezzi.
Lo show Ermenegildo Zegna Couture con il quale ieri si é aperta la breve kermesse della moda uomo a Milano é un inno visionario
e totale al riuso, racchiuso nell'hashtag #UseTheExisting. Uno slogan, in effetti, da adottare in toto come filosofia di vita,
tra saggezza stoica e sostenibilità applicata. La coerenza del progetto è cosí forte ed evidente da riverberare su ogni cosa,
dal prodotto alla comunicazione, e rendere subito chiaro che non siamo davanti all'ennesimo proclama orecchiabile ma vacuo.
Al contrario, tutto torna e tutto si tiene, perché Sartori non lascia mai nulla al caso. Si parte dai vestiti e si finisce
con l'edificio che ospita lo show, o forse il contrario: in ogni caso il cerchio è chiuso, e le energie circolano. Non siamo
nemmeno più a Milano, per la sfilata, ma a Sesto San Giovanni nella terra desolata che furono le Acciaierie Falk, un luogo
di puro degrado urbano attualmente in corso di bonifica e riqualificazione.
Dal riuso dell'esistente, infatti, nascerà la città della salute. Primo centro. Poi ci sono le stoffe: tessuti naturali o
sintetici realizzati dallo smembramento, nuova filatura e successiva tessitura di scarti della lavorazione degli abiti per
le lane, e dal riutilizzo di plastiche e rifiuti per i sintetici. Secondo centro. Anche le stampe - composizioni/scomposizioni
di righe - nascono da cose esistenti: scampoli di tessuti, assemblati e fotografati per poi creare motivi cinetici sulle superfici.
Altrimenti, sono pieghe e stropicciature piazzate che fanno pensare alle compressioni di Arman, artista che é stato gran riutilizzatore
di cose esistenti. Il percorso materico, che é avvio e sostanza dell'intero processo creativo - da Zegna va cosí per dna e
per autenticità - trova in fine ragion d'essere negli abiti, fusione perfetta di tradizione saartoriale e spirito metropolitano.
Sartori è un designer tecnico: la gioia con cui parla di grammature delle stoffe e calature di una maglia è tangibile.
Il suo, però, non é il tecnicismo freddo di quanti si aggrappano al mestiere. Sartori osserva l'oggi, deciso a parlare ad
una generazione frenetica, globale e iperconnessa con abiti adatti ai tempi ma sartorialmente impeccabili. Ecco allora le
silhouette nette, le tasche capaci e tridimensionali che migrano dal parka al blazer, gli abiti leggeri come piume ma perfettamente
strutturati, i capispalla pragmatici. Invero, è anche qui tutto un riuso, e certamente il più importante: la cultura del fare
che si aggiorna e che si evolve, avendo nel proprio dna una modernità che è senza tempo. Non c'é nulla di più sostenibile.
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