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Dolce&Gabbana portano la Sicilia ai Tropici. O viceversa

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Dolce&Gabbana portano la Sicilia ai Tropici. O viceversa

Giungla urbana. L’uscita finale: spiccano la passerella in moquette “leopardata” e il giardino intorno
Giungla urbana. L’uscita finale: spiccano la passerella in moquette “leopardata” e il giardino intorno

Imparare a nuotare prima di riuscire a parlare, grazie ai corsi per bambini offerti da anni in tante piscine di città. Fare il bagno in mare prima di saper camminare sulla terra ferma. Vedere la neve cadere quando ancora non si sa come chiamarla e scendere da una montagna sugli sci prima di aver studiato geografia o fisica. Tutto bellissimo, formativo, arricchente, per bambini e genitori. Ma proviamo a pensare quale possa essere la gioia e la sorpresa di chi, già adulto, veda il mare o la neve per la prima volta: fino a quel momento ne aveva ignorato l’esistenza, poi la rivelazione.

Ignoranza è una parola alla quale siamo abituati a dare un significato negativo. Eppure in molti casi non c’è colpa nell’ignoranza: il verbo latino dal quale deriva quello italiano significa semplicemente “non conoscere” e quindi avere l’opportunità di scoprire qualcosa di nuovo. «Abbiamo pensato all’idea di ignoranza per spiegare lo spirito di questa collezione perché lavoriamo con ragazze e ragazzi giovanissimi, ventenni o poco più», raccontando Domenico Dolce e Stefano Gabbana nel backstage della sfilata uomo per la primavera-estate 2020, 119 uscite in un’atmosfera barocco-bucolica, per strano che possa sembrare l’accostamento.

«Per una strana ironia linguistica, molti di questi giovani usano il verbo ignorare nel suo antico significato: non conoscevo, ero all’oscuro, non sapevo. Una condizione che implica il desiderio opposto, di sapere e scoprire. Per noi si è trattato in realtà di riscoprire forme e usi del passato, in particolare per i pantaloni. Abbiamo lavorato sullo stile degli anni 40, 50, 60, 80, come se non lo conoscessimo, come se fosse una tavolozza di colori con la quale dipingere qualcosa di nuovo». Visione poetica, forse inedita, di una collezione maschile, battezzata dai due stilisti Sicilian Tropical.

Leggera nelle forme e nei pesi (pochissime giacche e maglioni), ma coloratissima e forte, grazie a contrasti di tonalità e stili e con alcuni tocchi di autentica bizzarria stilistica, in cui Domenico Dolce e Stefano Gabbana sono maestri. Pensiamo agli spolverini in organza, simili a mantelli fatati ma portati da modelli statuari e ipertatuati. O ai pantaloncini da palestra in pizzo. «Sappiano di essere unici e cercheremo sempre di distinguerci, di scegliere la strada che in un certo momento della vita sentiamo giusta – aggiungono –. Ma non pensiamo di essere gli unici o i migliori. E non siamo infallibili. Giocare con le forme dei pantaloni, dare meno spazio alle sneaker e allo sportswear come viene oggi inteso, e più spazio alle scarpe stringate, seppure con forme degli anni 50. Sono scommesse, sinceri tentativi di mettere la nostra creatività al servizio di chi vuole essere sorpreso. Non ci sono certezze in questo gioco, è il bello della moda. Che dà la possibilità di ricominciare ogni volta. Possiamo giocare a essere ignoranti, anche se, stagione dopo stagione, sappiamo di conosciamo sempre più cose».

Dolce&Gabbana è uno dei pochi marchi con un equilibrio quasi perfetto tra collezioni femminili e maschili. «Ne siamo molto orgogliosi e siamo molto concentrati sull’abbigliamento – concludono –. Gli accessori sono importanti, ma sono gli abiti, pensiamo, a creare emozioni e legami profondi tra una persona e ciò che indossa. Ecco perché crediamo molto nelle sfilate, nel mostrare una collezione che prende vita, racconta una storia. Quasi come fosse un piccolo film».

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