Nonostante sempre più spesso gli addetti ai lavori della moda si trovino a riflettere sulla crisi del retail multimarca e nonostante lo stallo dei consumi in Italia, ormai consolidato da anni, i buyer italiani sono arrivati ad acquistare le collezioni uomo per la primavera-estate 2020 con budget più elevati rispetto all’anno scorso. Merito, in quasi tutti i casi, di una strategia multicanale che ha affiancato al business fisico quello virtuale, ampliando il raggio d’azione delle boutique: da realtà fortemente radicate sul territorio, sono diventate player globali. Merito anche del made in Italy, che si conferma asset importante e che è stato il vero protagonista di due vetrine decisive come Pitti Uomo (11-14 giugno) e la Milano fashion week maschile terminata ieri.
«L’asse Firenze-Milano si conferma molto importante – spiega Federico Giglio, titolare delle cinque boutique Giglio di Palermo – e, vista la difficoltà di riempire un calendario maschile in un momento storico in cui molti marchi sfilano con le collezioni maschili e femminili insieme, credo sia stato fatto un ottimo lavoro: ho visto proposte interessanti, marchi storici ma sempre in evoluzione e nuove proposte». Giglio oggi deve il 60%dei propri ricavi – 50 milioni circa, nel 2018 – alla piattaforma e-commerce (che impiega 85 persone): «L’online funziona benissimo, è il vero traino dei conti e i prodotti più venduti sono le scarpe, Per il 2019 prevediamo una crescita dei ricavi e per questo abbiamo aumentato il budget per la stagione P-E 2020».
Anche Mario Dell’Oglio, titolare delle omonime boutique palermitane, deve al web circa tre quarti del fatturato. «La ricerca è parte integrante del mio lavoro, ma paradossalmente i prodotti ricercati e di nicchia funzionano meglio offline, mentre online si vendono novità “standardizzate” che hanno successo su Instagram». Dell’Oglio concorda sul fatto che le scarpe, e in particolare le sneaker, siano i prodotti più venduti e mette l’accento su un tema rilevante, i prezzi: «I brand spingono verso l’alto, proponendo le sneaker a oltre 500 euro, ma alla fine oltre quella soglia non si vendono».
LuisaViaRoma, 90 anni appena compiuti, è uno dei primi multimarca italiani che si sono affacciati alla rete, con decisione. Oggi realizza il 95% del proprio fatturato (130 milioni nel 2017, ultimo dato disponibile) online, anche grazie al lancio in esclusiva di modelli di sneaker in serie limitata: «Il nostro pubblico– dice Andrea Selvi, buyer uomo – ha tra i 24 e i 42 anni, è appassionato di moda e vuole prodotti unici, molto ricercati. Da questo punto di vista ho trovato la fashion week di Milano un momento interessante, con la presenza di brand come Palm Angels. Rispetto a Parigi però mancano comunque i brand di ricerca». Secondo Selvi il tema chiave del momento è la sostenibilità: «Ho chiesto a tutti i brand a Pitti se avessero almeno una parte della collezione “responsabile”. Oggi i clienti sono sempre più orientati all’acquisto green».
Un altro asset importante per chi si occupa di acquisti nei principali negozi multimarca italiani è proprio l’italianità: «Il 60% del nostro budget è destinato a marchi italiani – spiega Tiziano Cereda, ceo del gruppo Biffi Boutiques, con negozi a Milano e Bergamo e una piattaforma e-commerce – . Per l’uomo acquistiamo per il 55% abbigliamento e per il 45% accessori e calzature. Milano? Ho visto una buona combinazione in termini di offerta e soprattutto di nuove proposte e brand emergenti». Ha apprezzato la combinazione anche Daniela Kraler, titolare delle boutique Franz Kraler di Cortina e Dobbiaco, che tuttavia ha sottolineato l’eccessiva “frammentarietà” della fashion week milanese. Kraler ha incrementato il budget P-E 2020 pur non vendendo,a oggi, su internet «Per ora abbiamo mantenuto il business sul piano fisico, facendo leva sulla posizione e la notorietà storica dei nostri negozi. Ora, con la chance di una grande manifestazione come l’Olimpiade invernale 2026 all’orizzonte, forse non potremo più farne a meno. Speriamo».
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