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Le “3i” ora temono l’implosione del governo Tsipras

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la crisi ellenica

Le “3i” ora temono l’implosione del governo Tsipras

Non solo il no dell’Eurogruppo, ma anche quello della Commissione europea. Il piano del governo greco inviato a Bruxelles giovedì per convincere le “istituzioni” ad erogare la tranche di 7,2 miliardi di euro già prevista da secondo piano di salvataggio è stato accolto dal forte scetticismo della Commissione europea.

Per capire qual è il clima con cui è stato accolto il piano aiuta l’espressione di «grande sorpresa» che ha suscitato l’idea di arruolare studenti e turisti per combattere l’evasione fiscale. In un linguaggio meno felpato la cosa viene definita quanto meno «bizzarra». Questo per dire che le 11 pagine recapitate a mezzo stampa qualche giorno fa da Atene alle “3i” (come con amara ironia i funzionari della Bce, della Commissione e del Fmi si definiscono dopo che i greci hanno messo al bando la Troika) non hanno fatto altro che aumentare preoccupazioni e timori negli uffici della Commissione.

La prima preoccupazione era di riavviare al più presto il confronto a livello tecnico tra le “3i” e il governo greco, a livello dei diversi ministeri che devono proseguire o modificare le riforme chieste dai creditori. Si riparte domani, mercoledì 11 marzo, ma non sarà semplice perché lo spoils system imposto dall’alleanza Syriza-Anel è stato radicale e nei ministeri l’ex Troika non ha più nessun interlocutore. Il guaio, però, è che per i nuovi arrivati non è facile individuare sostituti affidabili e con un adeguato livello di competenza. I tempi, perciò, si stanno allungando.

A questo si collega un’altra ombra che da Bruxelles si allunga sul nuovo esecutivo di Atene: la comunicazione. I vari annunci e comunicati del premier Tsipras e del ministro delle Finanze, Varufakis, stanno infastidendo non poco le “3i”. Non tanto per le interferenze nel confronto sulle singole misure - che per ora sono irrilevanti visto che è stato sinora congelato - quanto per il nervosismo che provocano sui mercati perché contribuiscono a dare l’idea di un’impostazione fragile delle riforme che il governo greco ha in testa.

E via via che svanisce il fascino del coraggioso Davide ateniese che lotta contro il cattivo teutonico Golia, prende consistenza l’immagine un po’ dilettantesca dei nuovi leader ellenici. Tutto questo per dire che la preoccupazione più grande delle autorità europee è che il governo Tsipras non riesca a reggere la prova dei fatti e anziché scardinare i meccanismi del rigore imposto dai creditori e dai partner europei guidati da Berlino, finisca per implodere sotto il peso di promesse elettorali irrealizzabili da un lato, e della realtà del mercato dall’altro. Una preoccupazione che a tratti sfocia nella paura se non nell’angoscia di vedere andare in fumo anni di lavoro con i governi precedenti, con riforme che comunque stavano portando qualche risultato come le decine di migliaia di posti di lavoro creati in Grecia nel 2014 che hanno ridotto la disoccupazione dal 27,5 del 2013 al 26,5% (nello stesso periodo la percentuale di disoccupati in Italia è aumentata di 0,6 punti). Certo è ancora più del doppio rispetto al 2010, ma il trend si era invertito e le riforme imposte dalla Troika, pardon, dalle “3i”, cominciavano a dare qualche frutto.

Non è detto che risultati simili riescano a dare decisioni come quella di fine febbraio quando il monopolista nazionale dell’elettricità, in cui i sindacati conservano un potere enorme, ha aumentato del 10% gli stipendi dei propri dipendenti. Sarà un bastone tra le ruote di chi spinge ancora per privatizzarla e sembra comunque andare nel solco tracciato dalle precedenti amministrazioni greche e che hanno portato il paese al baratro del 2011. «Il percorso per uscirne - è il ragionamento che si fa a Bruxelles, non senza autocritica - è lungo e faticoso soprattutto perché impone la perdita di molti privilegi, ingiustificati e insostenibili, accumulati da larghe fasce della popolazione», in particolare nel ceto medio in cui rientrano non solo i professionisti ma anche una larga fetta dei dipendenti pubblici, dai ministeri agli enti locali. Per non parlare dell’amministrazione fiscale, in cui la corruzione impedisce di dare certezza alle entrate che negli ultimi mesi sono state compromesse anche da alcuni errori legislativi.

«È una strada difficile, non priva di errori, che chiede un mutamento profondo della cultura del paese. E per questo non ci sono bacchette magiche ma servono anni di lavoro e sacrifici che l’uscita dall’euro di sicuro non risparmierebbe ai cittadini greci».

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