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Troppe responsabilità a Bei e Bce

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Troppe responsabilità a Bei e Bce

  • –Riccardo Sorrentino

Il piano Merkel: un’ennesima provocazione? Il ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis, matematico diventato economista, comunista “libertario” figlio di un alto manager delle industrie dell’acciaio, ha lanciato un’altra delle sue proposte. Vuole che la Banca centrale europea, invece di acquistare titoli di Stato, finanzi direttamente - o quasi - gli investimenti pubblici.

Facile capire quale sarà il destino di questa proposta. Cadrà nel nulla, probabilmente anche (ma non solo) perché è stata proposta da lui. Indipendentemente da quanto si pensi sulla sua fattibilità e utilità - per molti è e resterà una boutade - sarebbe però un errore snobbare questa idea. Perché Varoufakis ha preso bene la mira.

Non inganni il nome. Chiamare “piano Merkel” la proposta ha un sapore inevitabilmente ironico. A nessuno viene in mente che si tratti di un omaggio alla Cancelliera tedesca: sembra piuttosto un modo di evocare una narrazione molto diffusa e molto favorevole alla Grecia, alla quale piace apparire come vittima del carnefice Germania, troppo severa nel suo rigore calvinista. La provocazione di Varoufakis è tutta qui.

Il punto è un altro. Il quantitative easing della Bce - atteso da mesi e benvenuto - ha un costo e solleva comunque alcuni interrogativi, che il ministro delle Finanze ha immediatamente colto a suo favore. Il primo interrogativo riguarda l’alterazione delle quotazioni finanziarie. È vero. L’eredità più duratura di tutti i quantitative easing effettuati nel mondo sarà l’incapacità delle quotazioni di riflettere correttamente rischi e, nel caso delle azioni, redditività. Prezzi e quantità scambiate non basteranno a dare agli investitori le informazioni “giuste”. Non è un fenomeno straordinario: la politica monetaria altera sempre i mercati - fissa il più importante dei prezzi, il costo del credito - ma le dimensioni degli acquisti sono troppo grandi perché si possa considerarla una situazione normale. Varoufakis è in realtà andato un po’ oltre nel valutare le conseguenze: «Il risultato di tutto questo per le azioni sarà una spinta a correre che si rivelerà insostenibile»; ma non mancano economisti - non necessariamente “di sinistra”, anzi - che potrebbero essere d’accordo.

Il secondo interrogativo riguarda il nesso tra liquidità e investimenti. «Trovo difficile capire come l’ampliamento della base monetaria nella nostra unione monetaria frammentata (fragmented and fragmenting, ha detto in realtà, ndr) si trasformi in una notevole crescita negli investimenti produttivi». Stimolare gli investimenti, che nelle recessioni sono sempre il fattore mancante, è cosa difficile. La Bce - come tutte le banche centrali - non se lo nasconde. Il nesso è molto indiretto, e non è un caso che il presidente Mario Draghi chieda investimenti pubblici, possibilmente europei, insieme a bilanci pubblici in ordine ma “orientati alla crescita” e a riforme strutturali: la politica monetaria non può supplire agli altri tipi di interventi.

È su questo tronco che si innesta l’idea di Varoufakis: un piano di investimenti realizzato dalla Banca europea degli investimenti, finanziato da emissioni di bond sganciati dai bilanci della Ue e da quelli dei singoli paesi, che la Bce potrebbe acquistare al posto dei titoli di Stato. È un po’ il tentativo di trovare l’uovo di Colombo, non si sa quanto legittimo politicamente e giuridicamente. Con un’operazione di questo tipo la politica fiscale di tutta la Uem sarebbe affidata alla Bei che è però un’istituzione non profit di tutta l’Unione europea, e non solo dell’Unione monetaria, priva oltretutto di quella legittimazione democratica che, diretta o indiretta, è stata finora ritenuta necessaria per le decisioni su tasse e spese pubbliche.

L’idea chiave è però un’altra: la Bce potrebbe finanziare questa “nuova” attività della Bei, come già fa oggi. Dal 2009 la Bei è una controparte della Bce, può accedere alle sue aste di liquidità. I titoli da lei emessi possono essere usati come collaterali e possono essere acquistati dalla Bce nel quantitative easing, che - non a caso, forse - destina parte degli acquisti ai titoli delle “istituzioni europee”. È molto dubbio però che una Bei “migliorata” possa ottenere un analogo trattamento: il trattato Ue non vieta di finanziare solo gli stati, ma anche tutti gli organi e le istituzioni della Ue (con l’eccezione delle banche pubbliche in concorrenza con le private). Una Bei che sostituisca gli stati diventerebbe, inevitabilmente, una sorta di cripto-governo dell’Unione; e la Bce, in ogni caso, non può fare politica fiscale.

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