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«Il Kenya fermerà il Califfato»

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«Il Kenya fermerà il Califfato»

Il presidente del Kenya, Uhuru Kenyatta, ha assicurato che reagirà nel modo più duro: gli al-Shabab somali non riusciranno a instaurare un «califfato» islamico nel Paese. Il governo del Kenya ha comunque proclamato tre giorni di lutto nazionale per le vittime dell’eccidio.

Intanto gli jihadisti somali di al-Shabab hanno minacciato il Kenya di un «altro bagno di sangue», dopo il massacro di 150 persone compiuto due giorni fa nell’Università di Garissa, a soli 150 chilometri dal confine somalo. Colpiremo ancora, hanno aggiunto, «scuole, università, luoghi di lavoro e anche le vostre case».

«Non solo state tollerando le politiche repressive del vostro governo senza protestare, ma le state anche rafforzando eleggendolo - si legge in una dichiarazione diffusa via email dagli islamisti - quindi ne pagherete il prezzo con il vostro sangue».

E poi ancora: «Con la benedizione di Allah non ci fermeremo davanti a niente per vendicare la morte dei nostri fratelli musulmani, fino a quando il vostro governo non metterà fine alla repressione e fino a quando tutte le terre musulmane non saranno liberate dall’occupazione keniana - si legge ancora nel comunicato - fino ad allora nelle città keniane scorrerà il sangue... questa sarà una guerra lunga e terribile di cui voi, cittadini keniani, sarete le prime vittime».

Nella nota gli islamisti hanno quindi riferito che nell’attacco di due giorni fa «i mujahedeen hanno fatto irruzione nell’Università e sono subito andati nei dormitori dove hanno radunato tutte le persone presenti. Dal momento che l’attacco era solo contro i non musulmani, a tutti i musulmani è stato consentito di lasciare l’edificio, quindi sono stati giustiziati i miscredenti».

Al-Shabab ha poi denunciato le «indicibili atrocità commesse contro i musulmani dell’Africa orientale» dalle forze di sicurezza keniana. I responsabili dell’attacco a Garissa volevano «vendicare la morte di migliaia di musulmani uccisi dalle forze di sicurezza keniane».

Tra i cinque arrestati, sospettati di aver a che fare con la strage, due lavoravano all’interno del campus. Lo riferiscono le autorità keniane sottolineando che uno dei due è un guardiano «keniano di origini somale» di nome Osma Ali Dagane. L’altro èun tanzaniano, Rashid Charles Mberesero, e aveva nascosto nel soffitto dell’università delle bombe.

Infine il presidente americano Barack Obama ha confermato il suo viaggio in Kenya. «Il futuro del Kenya non sarà determinato dalla violenza e dal terrore, ma sarà disegnato dai giovani come quelli dell’Università di Garissa. Questo è il messaggio che porterò in luglio». In merito alla strage, la Casa Bianca difende la sua strategia anti-al Shabab. Washington non è intervenuta sul terreno, preferendo condurre attacchi con i droni contro i leader del gruppo islamista somalo - due sono stati uccisi il mese scorso- e sostenere le truppe dell’Unione Africana, fra cui quelle del Kenya, impegnate in Somalia.

Gli Stati Uniti hanno affidato agli uomini delle Operazioni Speciali il compito di condurre raid mirati e consigliare le truppe somale e dell’Unione Africana, le quali hanno ricevuto fin dal 2007 un miliardo di dollari di equipaggiamento, addestramento e a assistenza.

La strategia adottata ha effettivamente prodotto risultati: il gruppo islamista affiliato ad al-Qaeda controllava praticamente tutto il sud della Somalia ma ora ha perso il 75% del suo territorio, compreso il porto di Chisimaio che produceva importanti profitti. Tuttavia il massacro di Garissa mostra i limiti di questo approccio, anche se una fonte dell’Amministrazione afferma che si tratta di attacchi di “disperati” costretti ad agire «in piccoli gruppi per realizzare operazioni di grande impatto».

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