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Il “vecchio leone”, come l’ottantaseienne Jean-Marie Le Pen viene spesso chiamano dai simpatizzanti dell’estrema destra, ha capito di essere ormai quasi isolato all’interno del partito e ha preso l'iniziativa di fare un passo indietro, per evitare che a decidere la sua esclusione fosse l’ufficio politico del Front National, che si riunirà venerdì per decidere i nomi dei capilista alle elezioni regionali di dicembre. L’ultimo appuntamento con le urne prima delle presidenziali del 2017.
«Non farò nulla – scrive il fondatore del movimento in un comunicato – che possa compromettere la fragile speranza di sopravvivenza della Francia che rappresenta il Front National con le sue forze e le sue debolezze. Pensavo di poter essere una buona locomotiva per guidare la lista della regione Paca (Provenza-Alpi-Costa Azzurra), dove avevo ottenuto il 33% dei voti alle ultime europee. Ma con il pretesto di due mie interviste, una grave crisi è stata aperta nel partito. Nulla giustifica il fracasso che si è scatenato al nostro interno, con il rischio di indebolire pericolosamente il nostro movimento. Non sarò complice di questa manovra. Ho quindi deciso di non essere candidato e chiedo a tutti, nell’interesse superiore della Francia, di sostenere la candidatura di Marion Maréchal-Le Pen».
Lo scontro tra Jean-Marie e la figlia Marine, che guida il Front National dal 2011, covava da tempo. Il primo rappresenta l’anima fascista, razzista, xenofoba, negazionista, nostalgica. Ed era evidente che per questa componente non ci fosse più posto nel nuovo partito “di lotta e di governo” di Marine.
L’occasione di portare questo conflitto allo scoperto è stata fornita da Jean-Marie appunto con due interviste, in particolare la seconda al settimanale di estrema destra Rivarol. In cui è tornato sull’ormai tristemente famoso riferimento allo sterminio degli ebrei (un “dettaglio” della storia della seconda guerra mondiale) e ha difeso apertamente il collaborazionista Pétain.
Marine ha preso la palla al balzo, ha annunciato che si sarebbe opposta alla candidatura del padre e ha aperto una procedura disciplinare.
Lui ha capito di essere ormai marginalizzato e ha gettato la spugna. Pur senza togliersi qualche sassolino dalla scarpa, visto che nel comunicato lamenta «la riduzione degli spazi di libertà d’opinione e di espressione nel partito» e accusa indirettamente i colonnelli della figlia, in particolare il vicepresidente Florian Philippot, di essere gli ispiratori di una «manovra».
Il Front National gira comunque una pagina, chiudendo un capitolo ingombrante e ormai dannoso della sua storia più che quarantennale. Come ha spiegato la stessa Marion – 25 anni, deputata da tre, biondissima e rampantissima nipote del “vecchio leone”, figlia della sorella di Marine – nel confermare la propria candidatura alla guida della lista nella regione Paca: «Il nonno incarna il vecchio Front National. Ed è evidente che la quasi totalità dei nostri quadri, militanti ed elettori sono stufi delle sue provocazioni e di prese di posizione che non condividono. Il futuro è nelle mani della gente della mia generazione».
Sulla carta, in realtà, c’è ancora un ostacolo, sulla strada della candidatura di Marion: l’eurodeputato Bruno Gollnisch, fedelissimo di Jean-Marie. Ma ora che Marion ha ricevuto persino l’appoggio ufficiale del nonno, ci sono davvero pochi dubbi sull’esito dell’ufficio politico di venerdì. Anche se prima o poi, se il Front National vuole davvero diventare un partito “normale”, dovrà scrollarsi di dosso l’immagine di un movimento di famiglia, in mano a un clan.
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