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«Vogliamo proposte più concrete»

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«Vogliamo proposte più concrete»

  • –Alessandro Merli

WASHINGTON

Il Fondo monetario accentua la pressione sul Governo greco perché raggiunga in tempi rapidi un accordo con i creditori internazionali.

«La Grecia può risolvere i propri problemi solo agendo – dice il numero due dell’istituzione di Washington, l’americano David Lipton, in un’intervista al Sole 24 Ore – La vera questione è se il Governo adotterà un insieme di misure che stabilizzino il Paese e ricreino la crescita». L’indicazione è la stessa che viene dagli altri interlocutori di Atene, che si aspettano che il Governo greco presenti il più presto possibile un piano dettagliato che consenta l’esborso dei fondi ancora disponibili (7,2 miliardi di euro), cruciali per evitare la crisi di liquidità nella quale la Grecia è ormai scivolata, prima di discutere un altro programma. Il ruolo del Fondo è cruciale anche perché il programma dell’Fmi con Atene si prolunga fino alla primavera prossima ed ha ancora a disposizione circa 16 miliardi di dollari non sborsati, come ha detto nei giorni scorsi il capo del dipartimento europeo, Poul Thomsen.

«I greci devono trovare un modo – afferma Lipton, che all’Fmi non è solo il vice di Christine Lagarde, ma l’uomo cui spesso vengono affidati i dossier più spinosi, compreso quello recente dell’Ucraina – Noi comprendiamo che questo Governo è stato eletto con l’esplicito mandato di affrontare i problemi della Grecia in modo diverso. Il Fondo si è trovato di fronte a questa questione nel caso di molti Paesi e siamo pronti a sostenerli se loro sono pronti a risolvere i problemi della Grecia. Vogliamo continuare e intensificare il dialogo, ma sulla base di proposte più specifiche e concrete».

Il caso Grecia ha dominato gli incontri di primavera dell’Fmi, che hanno visto però anche l’Europa uscire dalla parte, rivestita fino a pochi mesi fa, di rischio più grave per l’economia globale. «I rischi in Europa sono diminuiti in modo significativo. È un momento di grande opportunità con l’inizio della ripresa – afferma il vicedirettore dell’Fmi – La politica monetaria offre sostegno alla crescita, la politica fiscale è neutrale, non più restrittiva, e in grado di sostenere la domanda dove c’è spazio nei bilanci pubblici. Se i Paesi dell’eurozona giocano bene le proprie carte, potremmo vedere l’inizio di una spinta verso una crescita più sostenuta». L’Fmi ha questa settimana rivisto al rialzo le previsioni per l’eurozona, all’1,5% per il 2015 e all’1,6% per il 2016. A lungo il Fondo ha sostenuto che la Banca centrale europea dovesse avviare acquisti di titoli pubblici (Qe) per fornire ulteriore stimolo, cosa che è avvenuta il mese scorso. «Il Qe ha un effetto positivo e deve essere continuato», sostiene Lipton. «Bisogna ricordarsi della rimanente eredità della crisi - dice l’ex consulente economico della Casa Bianca e sottosegretario al Tesoro Usa – L’alto debito, i crediti deteriorati delle banche, la capacità produttiva inutilizzata, come testimonia una disoccupazione che in media è ancora all’11% e in alcuni Paesi sopra il 25. L’imperativo è ridare un lavoro alle persone». Insieme al Qe, il declino dell’euro, sostiene Lipton, può aiutare a recuperare competitività. E non necessariamente provocherà una reazione degli Stati Uniti in una guerra delle valute. Secondo Lipton, l’obiettivo di aumentare l’inflazione e ridurre la disoccupazione è «comprensibile» se perseguito «in modo bilanciato» e non contando solo sulla domanda estera. Il numero due dell’Fmi sostiene anche di cominciare a vedere da parte della Germania una maggiore attenzione alla domanda interna e all’investimento in infrastrutture, un’altra sollecitazione di lunga data del Fondo, anche se «possiamo discordare sull’ordine di grandezza».

L’accumulo delle sofferenze nei bilanci delle banche dopo la crisi è, secondo Lipton, «uno dei rischi principali al ribasso per il nostro scenario»,

«Ci sono molti modi per risolvere il problema – afferma Lipton – le banche devono essere messe in condizione e incoraggiate a ripulire i bilanci da questi prestiti. Si possono creare entità per rimuoverli, come bad bank, o utilizzare società private. E vanno affrontati i problemi legali che in Europa rendono più difficile il dialogo fra creditori e debitori sui prestiti non pagati, i pignoramenti del collaterale. L’Europa dovrebbe considerare un sistema che favorisca la collaborazione creditori/debitori. Si può discutere se la carenza di credito sia un problema di domanda o di offerta, ma è cruciale che i bilanci delle banche siano abbastanza forti da consentire loro di fare prestiti se li vogliono fare».

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