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Questo articolo è stato pubblicato il 29 aprile 2015 alle ore 06:36.

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I fondi comuni continuano a macinare record, riscuotendo i consensi di una platea crescente di risparmiatori italiani. Considerata la loro “anzianità di servizio” che si avvicina ormai ai 31 anni (il primo strumento di diritto italiano, un obbligazionario, fu lanciato il 20 giugno 1984), si può parlare del ritorno di fiamma per una vecchia passione, che negli anni ha saputo ringiovanire il proprio look anche attraverso una notevole dose di innovazione finanziaria.

Arrivati nella Penisola quando gli italiani erano definiti “BoT people”, i fondi hanno riscosso una fiducia crescente quanto più i titoli di Stato perdevano appeal. Oggi che i tassi di interesse viaggiano sui minimi storici, quando non in negativo, ai piccoli investitori che puntano a mantenere un obiettivo di rendimento interessante non rimangono molte alternative al risparmio gestito. Tuttavia proprio il mix tra il calo dei rendimenti dei governativi, l’interesse mai sopito dei sottoscrittori per gli strumenti a base obbligazionaria e l’ingegneria di prodotto crea una situazione che va valutata con attenzione, come spieghiamo a pié di pagina.

A fine marzo la categoria di fondi preferita dagli italiani era saldamente quella degli obbligazionari, con un patrimonio gestito di oltre 333,5 miliardi in crescita del 18% su base annua (+51 miliardi) e un “peso” pari al 44% del totale. Nonostante il buon andamento delle Borse, rispetto a marzo 2014 la seconda piazza vedeva il sorpasso dei fondi flessibili (174 miliardi di patrimonio, cresciuto del 51% in un anno — +59 miliardi — con un peso del 23% sul totale) ai danni degli azionari. Ancora distaccatissimi i bilanciati, sebbene il patrimonio di 52,6 miliardi sia aumentato di 17 miliardi in 12 mesi (+48%) ma che restano un “peso piuma” (poco meno del 7% sul totale). Quanto ai rendimenti, gli indici Fideuram a fine marzo segnalano che agli azionari hanno confermato la capacità di battere tutti con un +23,93% medio annuo che staccava il +14,66% dei bilanciati e il +5,89% degli obbligazionari. Azionari America (+37,4%), Pacifico (+35%) e Internazionali (+30,9%) i migliori, ma ottima anche la performance degli obbligazionari internazionali governativi (+21% in un anno).

Proprio la riduzione dei rendimenti dei titoli governativi dell’Eurozona, seguita al quantitative easing della Bce, spinge l’interesse di sottoscrittori e gestori verso strumenti che puntano su bond internazionali a rendimento maggiore, sia nelle categorie classiche che in quella dei flessibili e dei bilanciati. Lo spostamento verso strumenti più profittevoli però modifica anche il profilo di rischio dei singoli prodotti, motivo per il quale i sottoscrittori faranno bene a verificare periodicamente che il loro portafoglio contenga fondi ancora allineati con i loro livelli di tolleranza al rischio. Anche perché comunque in passato i rendimenti raramente sono stati in grado di superare i benchmark. L’indagine annuale condotta a gennaio da Plus24 per verificare la capacità dei gestori di battere i mercati ha dimostrato che, su 400 fondi italiani obbligati a pubblicare l’“asticella” di riferimento, nel 2014 solo il 19% aveva battuto il benchmark. Un dato non proprio confortante, se si ricorda che sempre nel 2014, secondo un’altra inchiesta di Plus24, il costo medio dei fondi di diritto italiano è stato pari all’1,53% del patrimonio, poco sotto il record storico del 2013 (1,54%), per una parcella di circa 3 miliardi.

nicola.borzi@ilsole24ore.com

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