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Perché tutti scappano dall’Eritrea

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Perché tutti scappano dall’Eritrea

Secondo le statistiche Onu, gli eritrei, tra i migranti che arrivano sulle nostre coste, sono i più numerosi. Per capire perché la gente - a ritmo di 4mila al mese - scappa dall'Eritrea, attraversa i deserti con i trafficanti di uomini, e sale sui barconi, bisogna ripercorrere a ritroso e cercare di dipanare il lungo gomitolo della storia.

L'Eritrea è stata una colonia italiana dal 1890. Poi dal 1941 è stata occupata dalla Gran Bretagna. Nel 1952 le Nazioni Unite decidono che il piccolo paese del Corno d'Africa diventi uno stato federato all'impero di Etiopia. Nel 1962 l'imperatore etiope Haile Selassie decide di annetterla all'Etiopia. Da allora comincia una lunga guerra per ottenere l'indipendenza dall'impero del Negus (sostenuto economicamente dagli Usa) da parte del Fronte di liberazione eritreo (Fle). A cui si aggiunge a partire dagli anni Settanta un altro gruppo indipendentista il Fronte di liberazione del popolo eritreo (Fple), di ispirazione marxista, sostenuto dall'Urss, Cuba e blocco dei paesi non allineati.

Negli anni Settanta scoppia una guerra civile tra i due blocchi indipendentisti. Quello di ispirazione marxista ha la meglio. Nel 1978 e nel 1980 Ottanta scoppia di nuovo una lunga guerra con l'Etiopia (sostenuta ora dai sovietici) che rioccupa gran parte del Paese. Dal 1984 comincia una graduale riconquista da parte dei gruppi indipendentisti che ha fine nel 1991 con la conquista di Asmara. Nel 1993 sotto l'egida dell'Onu si svolge un referendum per decidere se l'Eritrea deve finalmente diventare un paese indipendente o mantenere la federazione con l'Etiopia. Il 99% degli eritrei vota per l'indipendenza, dichiarata ufficialmente il 24 maggio 1993.

Da allora il paese è in mano a Isaias Afewerki, presidente-padrone. Una fragile indipendenza e un'ancora più fragile pace. Con conflitti regionali che scoppiano ancora negli anni Novanta prima con lo Yemen e poi con lo storico avversario Etiopia - che non ha un accesso al mare - per una questione legata ai confini. Fino al 2000 quando viene negoziato un accordo di pace ad Algeri, dopo 42 anni di guerre, lotte armate, devastazioni.
Aferwerki ha isolato e militarizzato l'Eritrea. La gente è poverissima, con la corruzione alle stelle.

L'Eritrea è una sorta di Corea del Nord, piantata nel Corno d'Africa (paese con cui divide l'ultimo posto nella classifica mondiale della libertà di stampa).

Un paradiso nel Mar Rosso, che potrebbe prosperare con il turismo, trasformato in inferno.

Le violenze e la fame sono le molle che muovono le persone a scappare. Scappano da un futuro senza futuro. Il governo eritreo che nega tutte le libertà civili e ogni libertà di espressione è stato accusato di repressione e di impedire lo sviluppo della democrazia: le elezioni politiche che, secondo gli accordi Onu, avrebbero dovuto tenersi nel 2001 non sono mai avvenute. Non si hanno notizie sullo stato dell'economia e sulla scarsità alimentare. Nel 2011 tutto il Corno d'Africa è stato interessato da una severa crisi alimentare. L'Eritrea, che rifiuta gli aiuti, ha sempre negato la crisi. Tuttavia da racconti di chi c'è stato o di chi riesce a scappare, emerge tutta un'altra realtà. Secondo l'Onu e Human right Watch l'esodo attuale è alimentato dalla violazione dei diritti umani, si parla di esecuzioni sommarie senza processo, sparizioni, torture e coscrizione obbligatoria.

L'opposizione non esiste più. Chi protesta finisce, come in Corea nel Nord, in campi di prigionia, sorta di gulag, campi di lavoro forzati, prigioni sotterranee, container sotto al sole africano come celle. Dal 2001 dissidenti e giornalisti eritrei sono tenuti in carcere senza accuse formali e senza processo.

In Eritrea c'è il servizio militare obbligatorio per tutti gli uomini e le donne dai 17 anni in poi, a tempo indeterminato. Nessuno può avere un passaporto prima dei 60 anni per questo motivo. Si vive al di sotto della soglia di povertà. Chi lavora, gli impiegati statali, i professori, i militari, guadagna circa 10 euro al mese. La corruzione è dilagante. In un contesto in cui crescono gli investimenti cinesi grazie al basso costo della mano d'opera. La situazione è peggiorata dal 2009, da quando l'Onu ha imposto delle sanzioni economiche all'Eritrea accusata di armare il terrorismo islamico in Somalia.

Il paese è sempre più isolato. La gente vive nella povertà e nel terrore della delazione. Si sparisce per un niente. Tutti spiano tutti. Chi riesce, appena può, scappa dal paese, grazie alla corruzione dei militari che accettano di far uscire le persone in cambio di denaro. Lo spietato e brutale dittatore Isaias Aferwerki domina sempre più incontrastato, nell’indifferenza della comunità internazionale. Grazie anche alle rimesse che arrivano dagli eritrei della diaspora. Il regime lucra anche su quello: da qualche anno ha introdotto una tassa del 2% sulle rimesse che arrivano dall'estero. Così quelli che scappano sono costretti per legge a sostenere il loro carnefice.

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