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Questo articolo è stato pubblicato il 23 giugno 2015 alle ore 06:36.

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FRANCOFORTE

A poche ore dai due incontri di Bruxelles, prima dei ministri finanziari, poi dei capi di Stato e di Governo, che avrebbero affrontato nel pomeriggio il caso Grecia, la Banca centrale europea ha sgombrato ieri mattina il campo da eventuali dubbi sulla sopravvivenza delle banche elleniche, autorizzando, per la terza volta in meno di una settimana, l’aumento della liquidità di emergenza (Ela) agli istituti di credito.

La Bce continua tuttavia a usare il contagocce, concedendo un aumento dell’Ela di 2 miliardi di euro, il che ha portato il totale a 87,8, e nel coso della giornata il governatore della Banca d’Austria, Ewald Nowotny, ha precisato che il nuovo tetto è valido solo per un giorno.

Il nuovo rinvio di una decisione finale sul caso Grecia da ieri al prossimo vertice di giovedì e venerdì complica i calcoli della Bce. Il consiglio, sotto la presidenza di Mario Draghi, si riunirà con ogni probabilità nuovamente oggi in teleconferenza per valutare la situazione dopo gli incontri fra Atene e i creditori. È possibile che Draghi abbia fatto presente al primo ministro greco Alexis Tsipras, nel loro faccia e faccia di ieri, che l’Ela non può continuare indefinitamente.

Nowotny ha sottolineato come la Bce sia in una situazione difficile, un’ammissione che anche dentro il consiglio la ripetuta proroga dell’Ela incontra crescente opposizione, e ha ribadito un punto più volte sostenuto da Draghi, e cioè che l’istituto di Francoforte «ha regole da rispettare». Le due condizioni principali, che le banche siano solvibili e abbiano collaterale a sufficienza, sono da diverso tempo in dubbio, sollevando un problema di credibilità della Bce.

Molti ritengono inoltre che la continua fornitura di liquidità serva in questa fase solo a finanziare la crescente fuga dai depositi, che la settimane scorsa ha raggiunto i 4,2 miliardi di euro. Il credito dell’Ela, ha precisato il banchiere centrale austriaco, è stato fornito solo fino alla fine della giornata di ieri perché c’era un summit dei leader sulla Grecia e la Bce «con buon senso» non voleva anticiparne il risultato.

Mercoledì scorso, la Bce aveva alzato il tetto della liquidità di emergenza (Ela), che viene fornita dalla Banca centrale greca, di 1,1 miliardi di euro a 84,1 miliardi, poi venerdì, anche a fronte di massicce fughe dai depositi bancari, ha concesso un altro aumento di 1,8 miliardi di euro, a 85,9 miliardi, assicurando così che le banche greche potessero riaprire nella giornata di oggi, senza interferire con le riunioni delle ore successive, evitando il panico agli sportelli bancari e rimuovendo la spada di Damocle di una chiusura delle banche.

Una soluzione positiva del negoziato potrebbe portare, in prospettiva, a un aumento dell’importo dei titoli greci che la Bce è disposta ad accettare in garanzia e un ritorno delle banche greche alle normali operazioni di finanziamento della Bce (meno costose dell’Ela). Inoltre, per i titoli di Atene, si aprirebbero in un secondo tempo le porte degli acquisti da parte dell’istituto di Francoforte nel programma di Quantitative easing (Qe).

Un fallimento della trattativa comporterebbe un immediato inasprimento delle condizioni dello scarto di garanzia (haircut), di fatto decretando la fine dell’Ela e la necessità di chiusura temporanea delle banche e dell’adozione di controlli su prelievi e movimenti di capitale.

Anche se l’Ela viene fornita dalla Banca centrale greca ed è formalmente un rischio assunto da quest’ultima, si scaricherebbe sull’intero Eurosistema delle banche centrali in caso di default della Grecia. A questo va aggiunto l’esposizione attraverso i titoli greci acquistati dalla Bce e dalle altre banche centrali dell’eurozona fra il 2010 e il 2012 con il programma Smp nella fase acuta della crisi dell’Eurozona, che ammontano a circa 27 miliardi di euro. Di essi circa 6,7 miliardi sono in scadenza fra luglio e agosto e rappresentano uno degli appuntamenti più problematici del debito greco nel prossimo futuro, insieme a 1,6 miliardi di euro dovuti al Fondo monetario entro il 30 giugno.

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