Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 04 luglio 2015 alle ore 08:11.

My24

Quali sono i Paesi dell’eurozona che più cresceranno nel 2015? Spagna e Irlanda, due economie che negli anni scorsi si sono “piegate” alla cosiddetta austerità cercando di rimettere ordine nei rispettivi squilibri. La ricetta criticata da molti economisti – tra i quali Nobel americani, Krugman e Stiglitz in testa – sta in parte funzionando e offre a Madrid e Dublino almeno una possibile via d’uscita, la classica luce in fondo al tunnel. Entrambi sono stati sottoposti a una forte condizionalità legata ai rispettivi piani di aiuto: bailout completo per l’Irlanda (67,5 miliardi) e parziale, riservato unicamente alle banche, per la Spagna (oltre 40 miliardi).

Il governo conservatore di Mariano Rajoy si è guadagnato la stima della cancelliera Angela Merkel e delle istituzioni creditrici, ma soprattutto l’impopolarità interna. Nonostante una crescita prevista del 3,3% quest’anno, la disoccupazione resta ancora elevatissima, intorno al 25%, anche se in calo. La ricetta è stata quella più o meno classica dei piani di stabilizzazione: tagli alla spesa, compressione dei salari risultata in una forte svalutazione competitiva interna e rilancio grazie alle esportazioni. La riforma del mercato del lavoro, con una riduzione del cuneo fiscale, sgravi per le assunzioni a tempo indeterminato e più flessibilità in uscita, ha giocato un ruolo chiave nella ripresa delle vendite all’estero e nell’attrazione di investimenti diretti. La Spagna negli anni della crisi profonda, esacerbata anche dallo scoppio della bolla immobiliare e dalla perdita di centinaia di migliaia di posti nell’industria delle costruzioni, è diventata quasi silenziosamente il secondo polo produttivo automobilistico d’Europa, dietro la Germania: con quasi un milione di unità all’anno in uscita dalle catene d’assemblaggio. Non solo Seat, ma anche Ford e Renault hanno scommesso sul Paese come piattaforma di ritrovata produttività e flessibilità.

Difficile dire se questa crescita potrà tradursi al più presto in un forte aumento dell’occupazione, ma certo le analogie tra Spagna e Grecia si possono fermare alla politica, e anche in quel caso con molti distinguo. Rajoy, soprattutto alla luce delle recenti elezioni locali che hanno visto l’avanzata dei partiti anti-sistema di Podemos (sinistra radicale) e Ciudadanos (destra liberale) potrà anche soffrire della “sindrome Schröder” (il coraggio di riforme impopolari che probabilmente gli costerà la poltrona e andrà a beneficio dei successori) ma consegnerà un Paese che almeno si è risollevato. Podemos, per quanto affine a Syriza, quasi certamente non avrà i numeri per andare al potere da solo e ha già mostrato i segni distintivi di chi ambisce ad essere forza di governo, magari assieme ai socialisti.

Dublino, precipitata dal rango di Tigre celtica a Cenerentola d’Europa dopo lo scoppio della bolla immobiliare, si è risollevata con un mix di disciplina teutonica e ostinazione irlandese. Negli anni sotto l’ala della troika ha saputo attuare rigide misure di austerity, tagliando la spesa e riformando la pubblica amministrazione, e ha portato a termine privatizzazioni che hanno dato ossigeno alle finanze. Al tempo stesso, però, ha difeso con i denti dai malumori dei partner, Francia in testa, il suo vero asso della manica: un sistema fiscale “business friendly”, a cominciare dalla corporate tax al 12,5 per cento. Il Paese è dunque rimasto polo di attrazione per investimenti e multinazionali, soprattutto hi-tech.

Le conseguenze positive, oltre che sulla crescita, si sono fatte sentire anche sul lavoro, con il tasso di disoccupazione che scenderà quest’anno sotto il 10% (dopo aver toccato il 15%).

L’incognita anche per l’Irlanda, che sarà chiamata a rinnovare il Parlamento nel 2016, è politica: il pedaggio di misure impopolari sembra farsi sentire sulla coalizione conservatori-laburisti, minacciata dal Sinn Fein. Con il leader Gerry Adams che già promette di cancellare odiosi balzelli come quello sull’acqua. E strizza l’occhio a Syriza e Podemos.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Commenta la notizia