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Questo articolo è stato pubblicato il 07 luglio 2015 alle ore 06:35.

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È vero, Piazza Affari ha perso il 4% e Madrid (altra Borsa della periferia dell’Eurozona) il 2,2%. Da qui a dire che è scattato il panic selling all’indomani della vittoria del «no» al referendum in Grecia contro l’austerità, ce ne passa. Ci sono almeno cinque indizi (euro, yen, oro, franco svizzero e Bund) che fanno una prova. L’andamento dei beni rifugio (che solitamente vengono acquistati a mani basse nei casi di panico finanziario) è risultato ieri incredibilmente piatto. L’euro (la moneta che ovviamente più risentirebbe in caso di Grexit e di annessa perdita di credibilità della Banca centrale europea ) ha ceduto appena lo 0,33% sul dollaro e appena lo 0,5% sullo yen che, al pari del biglietto verde costituisce uno dei rifugi valutari per eccellenza. Senza dimenticare il cambio con il franco svizzero che ha chiuso la giornata addirittura invariato nei confronti della divisa comunitaria. E l’oro? Il metallo giallo - che nella classifica dei beni rifugio batte anche le valute - ha avuto un’escursione al rialzo nei primi scambi per poi chiudere però a 1.166 dollari l’oncia, in lieve calo. All’interno dell’Eurozona poi il Bund tedesco, il titolo considerato più sicuro, ha chiuso allo 0,76%, tre punti in meno della chiusura di venerdì. È stato quindi comprato (a differenza del BTp che è stato venduto e ha visto risalire il rendimento dall’1,45% all’1,62%). Ma non si può certo dire che ci sia stata una corsa degli investitori verso la qualità, il cosiddetto “flight to quality”.

Come mai? «L’andamento dei beni rifugio, così come quello relativamente poco mosso di Wall Street, indica che i mercati non prezzano ancora uno scenario di uscita della Grecia dall’euro - spiega Federico Mobili, responsabile equity di Bnp Paribas investment partners -. Se i mercati iniziassero davvero a prezzare tale scenario assisteremmo a vendite più copiose. Potenzialmente il Grexit potrebbe rappresentare un rischio sistemico al pari di Lehman Brothers nel 2008, perché metterebbe a rischio la credibilità della Bce che a più riprese ha fatto dell’irreversibilità dell’euro un punto di forza».

A parere di Filippo Diodovich, strategist di Ig «al momento le probabilità di Grexit sono ancora limitate al 25%. Tuttavia l’eventuale fallimento delle negoziazioni nelle prossime 48 ore potrebbero fare salire le probabilità al di sopra del 50%». Secondo S&Poor’s invece siamo già al 65%, per il gestore Bill Gross (che ultimamente ha predetto con successo le forti vendite sul Bund tedesco e sulla Borsa cinese) siamo al 70-80%. Per Jp Morgan, Grexit è lo scenario base mentre per Credit Suisse lo scenario più probabile è un accordo e, in ogni caso, anche in caso di Grexit, il giudizio sulle azioni europee resterebbe “outperform” (sovraperfomare). La verità è che Tsipras, Varoufakis, Merkel e compagnia bella hanno certo creato confusione anche tra gli addetti ai lavori con gli ultimi colpi di scena e ridondanti dichiarazioni. Questo spiega perché gli esperti sono ora divisi nel maneggiare la sfera di cristallo. Ma (per il momento) #nopanic.

.@vitolops

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