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Questo articolo è stato pubblicato il 14 luglio 2015 alle ore 06:36.

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Atene è entrata in un limbo politico dove il governo perde pezzi, ma é salvato dal soccorso dell’opposizione per far passare le riforme volute dai creditori. Dopo il sì sofferto del premier greco, Alexis Tsipras, al piano di 86 miliardi di euro per salvare il Paese dall’uscita dall’euro, il ministro del’'Energia e leader della sinistra interna di Syriza, Panagiotis Lafazanis, ha definito l’intesa «umiliante» e ha pronosticato elezioni anticipate nel giro di qualche mese. Reazioni a caldo? Tattica per dare tempo alla base di bere il calice amaro dell’austerità? Forse, perché ieri Syriza era nella confusione più totale senza nessuna decisione ancora presa né il Comitato centrale convocato. Alcuni chiedevano di indire una manifestazione in piazza, mentre altri erano contrari perché i panni sporchi si lavano in famiglia. «Siamo noi al governo, non dobbiamo fare manifestazioni anti-governative», ha sibilato un fedelissimo di Tsipras ai contestatori chiedendo loro di dimettersi, così da poter essere rimpiazzati da deputi leali al premier. Anche il partito Anel (Greci Indipendenti), alleato di governo del premier Alexis Tsipras, non sosterrà l’accordo raggiunto a Bruxelles.

Da Nea Dimokratia, Pasok e To Potami, i partiti dell’opposizione filo-europei, hanno fatto sapere di essere pronti a votare il maxi-piano di austerità a condizione che Tsipras resti al suo posto di premier e ci metta la faccia di fronte al capovolgimento di fronte rispetto a quando chiesto nel referendum.

Dopo un’offensiva di sei mesi contro l’austerità di ispirazione tedesca il premier greco è riuscito solo ad approfondire il caos economico del paese e ad inimicarsi i partner europei, senza ottenere alcun compromesso per salvare la faccia, in un vertice rancoroso durato per più di 17 ore. Del taglio del debito non c’è traccia nel documento, si parla solo di possibile allungamento dei tempi di rimborso. Tsipras non porta a casa nemmeno i gol della bandiera. Ne valeva la pena, si chiedono i greci e i sostenitori di Tsipras che resta comunque popolare? Atene non avrebbe fatto meglio ad accettare le richieste fatte dal presidente della Commissione Juncker prima del referendum? I costi sul terreno sono enormi per entrambe le parti. L’accordo sposta i riflettori sul parlamento di Atene, dove l’ala sinistra di Syriza, si era già rifiutata di votare il piano quando il premier ha cercato la loro approvazione tre giorni fa. Ora i greci hanno tempo fino a domani per approvare le richieste dei creditori.

Un disastro evitato

I realisti di Syriza sono soddisfatti: l’accordo ha evitato un esito peggiore per la Grecia e ha concesso 25 miliardi di euro per ricapitalizzare il sistema finanziario. Con la Grecia a corto di soldi e le banche chiuse da due settimane, il vertice è stata l’ultima possibilità di rimanere nell’euro. La Grecia è rimasta a galleggiare in un limbo finanziario da quando il governo non ha pagato l’Fmi e ha fatto scadere il secondo pacchetto di salvataggio il 30 giugno. «Le limitazioni alla libera circolazione dei capitali resteranno in essere per settimane, forse mesi», ha detto alla Bbc Kostas Botopoulos, presidente della Commissione sul sistema finanziario. Se tutto andrà bene, «il primo passo sarà riaprire alcune funzioni commerciali delle banche e della borsa a partire da giovedì o venerdì». «Gradualmente - ha aggiunto - le limitazioni verranno tolte. È questione forse di qualche mese per un ritorno completo alla normalità». Le condizioni che Tsipras ha dovuto inghiottire comprende una lista di riforme incompiute nei due salvataggi precedenti e una nuova richiesta al governo per portare 50 miliardi di euro di beni dello Stato in una holding che cercherà generare cassa dalla loro vendita.

Discussioni sul debito

Quello che ai sostenitori di Syriza non è andata giù è il fatto che i suoi creditori hanno respinto le richieste greche per un taglio del debito. Anche l’ex ministro Yanis Varoufakis, dal suo esilio dorato sull’isola di Aegina, ha attaccato il premier: «Io avevo un piano B, ma mi ha bloccato». Il premier ha promesso ai creditori che avrebbe fatto rispettare la disciplina di partito in parlamento. I termini sono significativamente più duri di quelli che lui aveva definito come un «ricatto», quando aveva convinto gli elettori greci per respingerle in un referendum una settimana fa. Chiedere quel referendum «si è trasformato in uno dei più costosi errori di politica economica dell’Ue», ha detto Holger Schmieding, capo economista alla Berenberg Bank di Londra a Bloomberg. «Le somme più elevate da parte dei creditori e condizioni più dure per la Grecia hanno reso più difficile arrivare a un accordo», ha aggiunto l’analista. I creditori hanno chiesto che la troika possa tornare ad Atene col pieno accesso ai ministeri e con il diritto di veto sulla legislazione oggetto delle trattative, intrusioni nella sovranità nazionale che Tsipras aveva rifiutato.

Banche salvate

Tsipras ha detto che l’accordo ha impedito il collasso del sistema bancario ma inevitabilmente ha danneggiato l’economia. Ora dovrà affrontare una reazione politica che potrebbe costringerlo ad formare un governo di unità nazionale e indire nuove elezioni dopo il dietrofront dalle sue promesse quando sosteneva di volersi liberare dal giogo dell’austerità. «Abbiamo fatto una lotta dura per sei mesi e abbiamo lottato per ottenere un accordo che permetterà al popolo greco di continuare a combattere», ha detto Tsipras. Nikos Filis, il portavoce di Syriza in parlamento, ha detto che la Grecia ha subito un “waterboarding” dai leader della zona euro nel corso dei negoziati e ha accusato la Germania di «rompere l’unità dell’Europa» per la terza volta in cento anni».

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